Lìberos

Chi­rù o del­la scuo­la im­pro­pria

Pubblicato il 16-11-2015

murgia_coverQue­sto è un tem­po sen­za mae­stri. Un tem­po che ha qua­si so­sti­tui­to il rap­por­to edu­ca­ti­vo con agen­zie di sen­so glo­ba­li, sia­no es­se la te­le­vi­sio­ne o la re­te. Un’e­po­ca di pen­sie­ri bre­vi che di­ven­ta­no ob­so­le­ti di ora in ora. Si è rot­to il pat­to che per­met­te­va ai gio­va­ni di in­se­rir­si nel­la con­ti­nui­tà del­le ge­ne­ra­zio­ni.
 
La cri­si si pa­le­sa nel­la fi­ne - per ora - del prin­ci­pio di an­te­ce­den­za-au­to­ri­tà, un prin­ci­pio uni­ver­sa­le, se­con­do l’et­no­lo­ga Françoi­se Hé­ri­tier. L’an­zia­ni­tà, il pre­e­si­sten­te ri­spet­to al gio­va­ne, rap­pre­sen­ta­va­no au­to­ma­ti­ca­men­te una fon­te di au­to­ri­tà so­lo nel­l’es­ser­ci. Prin­ci­pio che non esclu­de­va né no­vi­tà, né cam­bia­men­to, era la pre­mes­sa di un or­di­ne evo­lu­ti­vo che ga­ran­tis­se la tra­smis­sio­ne ed una re­spon­sa­bi­li­tà co­mu­ne. L’ac­ce­le­ra­zio­ne con­tem­po­ra­nea igno­ra, per dir­la con He­gel, il tem­po del­la co­sa, la co­no­scen­za e il di­ve­ni­re co­me fon­da­men­ti del­l’es­se­re uma­no ma che so­no iscrit­ti in una tem­po­ra­li­tà che ha i suoi rit­mi e le sue esi­gen­ze: la re­la­zio­ne  e lo scam­bio co­me mo­men­ti to­pi­ci del­la cre­sci­ta e del­lo svi­lup­po del­la con­sa­pe­vo­lez­za e co­stru­zio­ne di sé stes­si. Ec­co per­ché  og­gi po­chi so­no di­spo­sti a se­gui­re un mae­stro per­so­na­le a cui af­fi­dar­si, un mae­stro del­l’a­ni­ma più che un di­spen­sa­to­re di no­zio­ni. Qual­cu­no che non ti dia ri­spo­ste ma sap­pia por­ti le do­man­de che non ti po­ni e poi ti la­sci li­be­ro di sce­glie­re; che sia ca­pa­ce di in­ter­ve­ni­re e ri­trar­si, che ami la tua li­ber­tà più di sé stes­so e del­la ten­ta­zio­ne del nar­ci­si­smo.

«Chi­rù ven­ne a me co­me ven­go­no i le­gni al­la spiag­gia, le­vi­ga­to e ri­tor­to, scar­to su­per­sti­te di una lun­ga de­ri­va» Que­sto l’in­ci­pit del nuo­vo ro­man­zo di Mi­che­la Mur­gia. Un li­bro che af­fon­da le ra­di­ci in un mec­ca­ni­smo espe­rien­zia­le ben co­no­sciu­to in Sar­de­gna. For­me di re­la­zio­ne tra gio­va­ni e adul­ti che la no­stra tra­di­zio­ne ha chia­ma­to fiz­zu de ani­ma, nel ca­so di scel­te ge­ni­to­ria­li, o di scuo­la im­pro­pria - co­me de­fi­nì il fe­no­me­no l’an­tro­po­lo­go Mi­che­lan­ge­lo Pi­ra - l’an­da­re sot­to mae­stro, fos­se un ar­ti­gia­no o un pa­sto­re. Tut­te for­me edu­ca­ti­ve che nel­la co­no­scen­za del­la vi­ta, nel far­ti di­ven­ta­re don­na o uo­mo, ave­va­no il cen­tro del pro­prio esi­ste­re. Bi nde che­ret a fa­gher un’o­mi­ne, re­ci­ta un no­stro pro­ver­bio. Il com­pi­to più dif­fi­ci­le, di­ven­ta­re uo­mo nel­la li­ber­tà, abi­tuar­si a te­ne­re in ma­no, fin­ché pos­si­bi­le, le re­di­ni del pro­prio de­sti­no. Un im­pe­gno che du­ra una vi­ta ma de­ve ave­re ba­si so­li­de. Il più del­le vol­te i ge­ni­to­ri per il ca­ri­co af­fet­ti­vo che il ruo­lo com­por­ta han­no dif­fi­col­tà, non rie­sco­no a da­re ad un gio­va­ne gli stru­men­ti giu­sti. Non pos­so­no ne­gar­si, non pos­so­no di­re che una fa­se è fi­ni­ta; in­vi­ta­re il fi­glio a non aver più bi­so­gno di lo­ro. Il mae­stro de­ve far­lo, pe­na il fal­li­men­to di tut­ta la co­stru­zio­ne.

Con Chi­rù Mi­che­la Mur­gia af­fron­ta tut­ti i la­ti di un rap­por­to che si nu­tre an­che di am­bi­gui­tà non det­te e del­le ine­vi­ta­bi­li ma­ni­po­la­zio­ni re­ci­pro­che. An­cor di più se il mae­stro è una mae­stra, Eleo­no­ra, at­tri­ce di suc­ces­so qua­si qua­ran­ten­ne ac­cet­ta un rap­por­to pe­da­go­gi­co con un mu­si­ci­sta ap­pe­na di­ciot­ten­ne. Eleo­no­ra sen­te l’im­pe­ra­ti­vo di re­sti­tui­re ciò che lei ha avu­to dal­la vi­ta, lo fa ben con­scia che il rap­por­to edu­ca­ti­vo ha aspet­ti ero­ti­ci, di amo­re pu­ro pe­rò, con il li­mi­te del­l’a­mo­re car­na­le. Ma la tria­de ma­dre-mae­stra-aman­te non fa­ci­li­ta il com­pi­to; non lo fa­ci­li­tà per l’in­vi­ta­bi­le rap­por­to con la ma­dre na­tu­ra­le del ra­gaz­zo o nel­la let­tu­ra del­lo sguar­do al­trui, do­ve l’im­ma­gi­ne del­la don­na di suc­ces­so che si ac­com­pa­gna al toy boy è più for­te di qual­sia­si spie­ga­zio­ne. Tut­to que­sto nel­le ine­vi­ta­bi­li ge­lo­sie e pos­ses­si­vi­tà re­ci­pro­che, sul­lo sfon­do di una Ca­glia­ri so­la­re e di un’al­gi­da Stoc­col­ma che mo­stra pas­sio­ni inat­te­se.

Si sa che i li­bri una vol­ta pub­bli­ca­ti ap­par­ten­go­no più ai let­to­ri che a chi li ha scrit­ti. Que­sto ro­man­zo, per me, è il mi­glio­re di Mi­che­la Mur­gia, for­se per­ché è nel­le mie sen­si­bi­li­tà più de­gli al­tri, for­se per­ché in es­so ve­do un’o­pe­ra co­rag­gio­sa, ca­pa­ce di toc­ca­re no­di non det­ti. Un rac­con­to che sa di tra­di­zio­ne e nel­lo stes­so tem­po at­tua­lis­si­mo. In es­so la let­tri­ce tro­ve­rà aspet­ti del fem­mi­ni­le che per pu­do­re non ven­go­no rac­con­ta­ti e il let­to­re uno sguar­do sin­ce­ro su di un mon­do che da sem­pre gli ap­pa­re mi­ste­rio­so e in­de­ci­fra­bi­le. È il ro­man­zo del­la ma­tu­ri­tà, per il te­ma e per la ci­fra sti­li­sti­ca, un ita­lia­no sen­za ba­roc­chi­smi che scor­re leg­ge­ro e che ri­cor­da i clas­si­ci del No­ve­cen­to. Chi­rù evo­ca ri­fles­sio­ni che han­no avu­to bi­so­gno di se­di­men­tar­si, ri­spet­ta il tem­po del­la co­sa. Una bel­la no­vi­tà.


Mi­che­la Mur­gia, Chi­rù, Ei­nau­di, € 18,50

Mi­che­la Mur­gia pre­sen­te­rà il ro­man­zo nel tour a pie­de lì­be­ros al­l'in­ter­no del fe­sti­val Én­tu­la
 

nicolaChi l'ha scrit­to


Ni­co­lò Mi­ghe­li è na­to nel 1950 a San­tu Lus­sur­giu, l'u­ni­co pae­se del Mon­ti­fer­ru che si cre­de in Bar­ba­gia. È so­cio­lo­go e si oc­cu­pa di svi­lup­po ru­ra­le e di com­por­ta­men­to or­ga­niz­za­ti­vo. Ol­tre a di­ver­se pub­bli­ca­zio­ni di ca­rat­te­re scien­ti­fi­co, ha pub­bli­ca­to per Ar­ka­dia i ro­man­zi Hi­dal­gos e La ve­ra sto­ria di Die­go He­na­res de Astor­ga.

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