Pubblicato il 09-04-2015
Bella domanda, verrebbe da dire. Ma “A chi compete la cultura?”, oggi, non è solo una domanda buona per una chiacchierata tra amici, ma una vera e propria “chiamata alle armi in difesa del nostro patrimonio culturale”.
Parole che pesano, riportate integralmente nel testo della petizione redatta da una serie di professionisti e operatori del mondo culturale e diffusa sul web il mese scorso, ideata e curata da Marianella Pucci, manager della cultura, e Luciano de Venezia, esperto in marketing e comunicazione culturale.
“Una chiamata alle armi” per difendersi da chi?
Sembrerà strano, o forse no, ma ad essere sotto accusa è una legge dello Stato Italiano. E non una legge qualunque, ma una delle più annunciate e dibattute leggi degli ultimi anni, passata nelle mani di almeno quattro governi: la tanto attesa “Riforma delle Province”, la L.56/2014 approvata ad Aprile 2014, meglio nota come Legge Del Rio.
La riforma delle province, infatti, rischia di far saltare il banco della gestione di musei, archivi e biblioteche e dei professionisti che ci lavorano, di norma delegati agli Enti Provinciali. Con l'attuazione della Legge Del Rio, della loro gestione dovranno farsi carico altri enti, in primis regioni e comuni, che saranno chiamati a finanziarli, a occuparsi delle loro attività e a prendersi carico del loro personale.
Ecco dunque che si arriva alla domanda che dà il titolo all'appello: una volta intrapresa la strada dell'abolizione delle Province e il trasferimento di alcune funzioni alle organizzazioni sovracomunali o regionali, “A chi compete la cultura?”.
Chi si occuperà di queste strutture e dei loro operatori?
Insomma, come riporta il sito ufficiale dell'appello, “in tutta Italia si respira un clima di incertezza diffusa, senza occasioni di confronto, senza una visione unitaria e soprattutto con una preoccupante mancanza di chiarezza su chi e come riuscirà a trovare le risorse finanziarie necessarie alla sopravvivenza di tantissimi musei, biblioteche, archivi, reti e sistemi culturali”.
Da qui la mobilitazione, nata e condotta dal basso, dalle singole iniziative degli operatori culturali, e condivisa dalle più importanti associazioni del settore, compreso il Coordinamento MAB, che riunisce l'Associazione Nazionale Archivistica Italiana, l'Associazione Italiana Biblioteche e la sezione italiana dell'ICOM, International Council of Museum – UNESCO.
La petizione on-line ha superato i 2500 firmatari, e il coordinamento MAB ha pensato bene di scrivere direttamente alla Presidenza del Consiglio, ai Ministeri competenti e alla Conferenza delle Regioni.
Nei giorni scorsi è arrivata la risposta del Presidente della Conferenza delle Regioni Sergio Chiamparino, il quale ha richiamato il ruolo dell'Osservatorio regionale appositamente costituito, ma al di là del classico e generico richiamo alla concertazione, ancora non si vedono soluzioni concrete all'orizzonte.
Ad essere molto concreti sono invece i rischi che questa situazione di incertezza sta creando all'interno del mondo della cultura italiana. Si passa da situazioni paradossali, come quella del Museo del Risorgimento di Lucca, inaugurato appena due anni fa e ora già a rischio chiusura, fino alle chiusure vere e proprie, come successo la scorsa settimana alla Biblioteca provinciale di Lecce: zero fondi dalla Regione, zero fondi dalla Provincia. Risultato inevitabile: la chiusura della struttura.
In un Paese veramente consapevole della propria ricchezza culturale e di quanto questa si possa tradurre in ricchezza economica, ci sarebbe una lotta ad accaparrarsi le strutture rimaste "orfane". Invece ci tocca assistere a questo umiliante scaricabarile.
A chi compete la cultura dovrebbe essere evidente: compete a tutti noi.
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