Memento, Nori
Pubblicato il 07-06-2015
C'è da ringraziare Paolo Nori per il suo pezzo su Libero di ieri, perché a suo modo ci offre l'opportunità di ribadire una domanda a cui pare che in Italia non si riesca mai a dare una risposta: qual è il valore economico del lavoro di organizzazione culturale?
L'organizzazione culturale - come sa bene chi la fa - è un mestiere e come tutti i mestieri ha il diritto di essere remunerata; questa affermazione, in apparenza ovvia, non deve però essere ancora chiara nemmeno a molti addetti ai lavori, se persino uno scrittore e traduttore come Nori non ne scorge l'evidenza.
Quando Lìberos è sorta, in Sardegna c'erano molte iniziative legate al mondo del libro, ma non esisteva alcuna forma di organizzazione culturale attiva tutto l'anno che avesse come territorio d'azione l'intera isola e come agenti principali gli attori stessi della filiera della narrazione: librai, scrittori, editori, bibliotecari, agenti, associazioni di lettori e animatori della lettura a titolo volontario, istituzionale o professionale. I più attivi agivano in proprio, al massimo congiunti con due o tre colleghi, ma assai più spesso ogni iniziativa, anche la meglio riuscita, conservava le caratteristiche di una monade, con alti costi sostenuti in proprio e benefici limitati al proprio raggio d'azione. Lìberos, mettendo insieme gli obiettivi comuni e offrendo la piattaforma per organizzare le scelte per raggiungerli, ha di fatto generato quel che non c'era: un luogo di relazione e scambio tra gli attori di filiera, una maggiore circolazione degli autori e un'economia di scala che consente la riduzione dei costi e la moltiplicazione dei benefici collettivi.
Questo non significa che sia senza costi, ma solo che i componenti profit e istituzionali della filiera, amministrazioni comprese, si spartiscono l'investimento economico, con la certezza di trarne ciascuno un beneficio diretto: i librai vendono più libri, gli scrittori diffondono il proprio lavoro con più efficacia e visibilità, i bibliotecari e i comuni moltiplicano le iniziative culturali e gli agenti e gli editori promuovono meglio i propri autori. Chi ne trae però il vantaggio maggiore sono proprio quelli che non ci mettono un centesimo: i lettori, i quali – grazie alle scelte del codice etico che rappresenta il cuore del progetto culturale - incontrano più scrittori, più spesso durante l'anno e soprattutto in luoghi prima considerati impensabili.
Così nei tre anni di vita di Lìberos è stato possibile invertire il rapporto tra piccolo e grande, tra sconosciuto e famoso, tra centro e periferia, portando nomi come Terry Brooks a Mara, Daria Bignardi a Nulvi, Licia Troisi a Bitti, Paolo Giordano a Samugheo, Gian Antonio Stella a Fonni, Dulce Maria Cardoso a Fordongianus, Fabio Volo a Lunamatrona e decine di altri big delle vendite; contemporaneamente, è stata garantita la stessa visibilità dei nomi da classifica ad autori di talento molto meno conosciuti come Paolo Nori, i cui costi non sarebbero mai ripagati dalla vendita dei libri, ma che Lìberos invece distribuisce sugli eventi di autori con un ritorno più elevato. Quando si verificano incidenti organizzativi, come quello di cui è stato superficiale testimone lui, i vantaggi si azzerano e restano solo i costi. Per fare in modo che questo si verifichi il meno possibile e tutto vada invece per il meglio è necessario disporre di un ufficio stampa permanente, di un grafico che lavori tutto l'anno, di un fotografo a disposizione per il materiale iconografico, di una segreteria organizzativa che gestisca i contatti tra gli editori, gli autori e la filiera e di un professionista che operi su tutte le piattaforme virtuali.
Dietro ogni incontro non ci sono solo i costi di trasporto e alloggio: ci sono le persone e le competenze di un progetto culturale che rappresenta un unicum di efficacia nella promozione della lettura e nella diffusione del libro su grandi territori: per questo Lìberos è stato premiato da CheFare, per questo il suo modello va replicandosi in altre regioni italiane e viene studiato da chi cerca sistemi di rete che coniughino efficienza, sostenibilità economica e impatto sociale. Può capitare che un singolo operatore, tanto più se volontaristico come un'associazione culturale locale, sottovaluti il valore delle professioni di intermediazione e la resa delle dinamiche di un lavoro così strutturato – e questo è certamente un nostro deficit di formazione verso gli operatori associati - ma sorprende doverle spiegare a uno scrittore di lungo corso che dovrebbe invece conoscerle bene. Cosa direbbe Paolo Nori se qualcuno gli dicesse “scusa, ma perché devo pagare 15 euro un tuo libro se il costo del tuo lavoro è solo il 10% del prezzo di copertina?”. Cosa direbbe Paolo Nori se qualcuno pretendesse di pagare dei suoi libri solo il costo della carta e della scrittura e considerasse invece gratuito l'apporto dell'editor, del correttore di bozze, dell'ufficio iconografico, dell'ufficio stampa, della distribuzione e del libraio? Dal segno di questa risposta dipende la precarizzazione di tutte le professioni dell'editoria, oppure la loro valorizzazione. Noi abbiamo scelto da subito la seconda, perchè
siamo convinti che l'organizzazione culturale sia una professione che qualifica tutte le professioni artistiche che promuove, compresa quella di chi pensa di poterne fare a meno.