Bernardo Soares è un uomo che sta a una finestra. Soares è un contabile di Lisbona e la finestra appartiene a una ditta di tessuti nel vecchio centro commerciale della città, la "Baixa" pombalina. Taciturno e solitario, egli se ne sta dietro ai vetri, come il vecchio Flaubert, a spiare la vita. Una vita esterna e reale ma che si svolge estranea a lui, anche se gli transita accanto; e una vita interiore e inventata: perchè la finestra di Bernardo Soares ha le imposte che si possono aprire nei due sensi, sul fuori e sul dentro. E anche quel "dentro" è un luogo estraneo e ignoto al suo abitatore: un "dentro" in affitto, la camera di un albergo che Soares divide con altri se stesso che egli non conosce. Su questi due paesaggi che si intersecano e si confondono, Soares va scrivendo minuziosamente, con la maniacale puntigliosità del contabile, il suo diario: grandioso zibaldone fatto di journal intime, di riflessioni, di appunti, di impressioni, di meditazioni, di vaneggiamenti e di slanci lirici che egli chiama Libro e che noi potremmo chiamare romanzo.
(Antonio Tabucchi)