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E intanto, mentre non c'eri...

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Honoré de Balzac

Papà Goriot

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ElisaL

Vedeva il mondo come un oceano di fango nel quale un uomo sprofondava fino al collo se solo v'immergeva il piede. «Vi si commettono solo delitti meschini», si disse. «Vautrin è superiore». Egli aveva visto le tre grandi manifestazioni della società: l'Obbedienza, la Lotta e la Rivolta; la Famiglia, il Mondo e Vautrin. E non osava decidersi. Parigi, diciannovesimo secolo. Lo scenario della storia è diviso fra due teatri, quello misero e cadente della pensione di Madame Vauquer e quello dorato e tintinnante dei salotti dell'aristocrazia. Vi sono personaggi che occupano solo uno dei due palchi, altri che passano dall'uno all'altro attraverso un piccolo corridoio buio. Le pedine in movimento sul nostro tabellone sono Eugène de Rastignac, studente di Giurisprudenza arrivista e assetato dei buoni profumi della società; Monsieur Goriot, soprannominato dalle malelingue "papà" per la sua totale dedizione alle due figlie; Madame de Restaud e Madame de Nuncingen, figlie di Goriot, affezionate alle sete pregiate e agli amanti, ricche di "ragionamenti" ma povere di cuore. Eugène tenta continuamente di spiccare il salto dal lerciume della sua stanza in affitto al salotto di qualche ricca famiglia, aiutato dalla prestigiosa parentela di Madame de Beausant. Mentre lo studente e le figlie di Goriot posano il piede sul pavimento sporco della pensione solo per ottenerne uno slancio che possa portarli più in alto nella scala sociale, Goriot si muove tra i due spazi solo per uscirne impoverito. Dopo aver passato una vita all'insegna del lavoro, che l'ha portato a mettere da parte una considerevole ricchezza, il buon uomo si è votato alla felicità delle sue uniche figlie, donando loro a più riprese tutti i suoi averi per ottenere in cambio "solo una carezza". Il cuore dell'uomo l'ha portato a immolarsi sull'altare della ricchezza filiale, come prova il suo processo di graduale decomposizione: si trasferisce in stanze via via più economiche, i capelli gli si imbiancano per l'abbandono del parrucchiere, i suoi vestiti si impoveriscono, la sua proprietà si riduce a un mucchio di posate. Contro questa vita ridotta ai minimi termini si staglia la frivolezza delle figlie, che corrono dal padre solo nei momenti in cui hanno bisogno di batter cassa per intonacare i loro visi in vista di un evento in società. Cuore e freddo calcolo si avviluppano violentemente sulla scena, e l'unico sconfitto appare sempre e solo il povero Goriot. I personaggi statici dimostrano come l'uomo sia il medesimo in ogni frangia della società: una gazza avida di denaro e vanità. La vita stessa non è che una lotta continua. Il testo è letteralmente invaso di termini mutuati dal linguaggio bellico. Assedio, inganno, strategia: questi sono i valori che mantengono in vita la Parigi che rantola nella corruzione. Madame Vauquer è come un mobile che completa la meschinità della sua pensione, e non ha certo più cuore di un cassettone malandato. I pensionanti sono uno più meschino dell'altro, sempre pronti a colpirsi alle spalle per ottenerne un vantaggio personale. La questione non cambia se diamo un'occhiata alla buona società: ne è un esempio il crudele accorrere degli invitati alla festa della ricca signora che è appena stata colpita al cuore dal suo amante, per gioire della sua sfortuna e della sua caduta. L'oro che luccica sui corpi e sulle mani non rende diverso lo spettacolo da un'impiccagione in piazza, a cui il popolo più ignorante assiste come al passare di un carrozzone del circo. E' una meschinità umana che supera le barriere sociali: la decadenza altrui rende la nostra figura felice della propria stabilità. In mezzo a questa giungla umana in cui le parole d'ordine sono "lotta" e "inganno", spicca la figura dell'audace Vautrin. Inizialmente odioso nei comportamenti, con lo scorrere della narrazione diventa paradossalmente puro nella sua crudeltà. "Vautrin è superiore", come dice Rastignac. Il suo pregio sta nel riconoscere la natura dell'uomo, e nel trarne vantaggio senza ipocrisia. A differenza delle altre sagome del racconto, che preparano come ragni la loro tela di inganni e fingono di amare in modo teatrale, Vautrin non finge. E' avido e non se ne vergogna, prepara la strada al suo successo cercando di raggiungere anche quello altrui per ottenerne dei vantaggi. E' forse il suo comportamento peggiore di quello di chi finge di amare per ottenere il passpartout per la buona società? "Forse l'opera opposta, la pittura delle tortuosità nelle quali un uomo di mondo, un ambizioso, fa rotolare la coscienza cercando di rasentare il male per arrivare allo scopo salvando le apparenze, non sarebbe né meno bella né meno drammatica". Ho amato Goriot, combattuto fra testa e cuore; ho amato Vautrin; ho amato persino Rastignac, ma solo alla fine del suo percorso, quando ha bevuto un po' di Vautrin. Ho odiato con tutte le mie forze quelle boriose delle figlie, la locandaia, la servitù. Signore e signori, ecco a voi la Commedia Umana: un vespaio in cui tutti cercano di accaparrarsi il miele.

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Editore: Newton & Compton

Lingua: (DATO NON PRESENTE)

Numero di pagine: 256

Formato: (DATO NON PRESENTE)

ISBN-10: 8854100919

ISBN-13: 9788854100916

Data di pubblicazione: 2004

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Le pedine in movimento sul nostro tabellone sono Eugène de Rastignac, studente di Giurisprudenza arrivista e assetato dei buoni profumi della società; Monsieur Goriot, soprannominato dalle malelingue "papà" per la sua totale dedizione alle due figlie; Madame de Restaud e Madame de Nuncingen, figlie di Goriot, affezionate alle sete pregiate e agli amanti, ricche di "ragionamenti" ma povere di cuore. Eugène tenta continuamente di spiccare il salto dal lerciume della sua stanza in affitto al salotto di qualche ricca famiglia, aiutato dalla prestigiosa parentela di Madame de Beausant. Mentre lo studente e le figlie di Goriot posano il piede sul pavimento sporco della pensione solo per ottenerne uno slancio che possa portarli più in alto nella scala sociale, Goriot si muove tra i due spazi solo per uscirne impoverito. Dopo aver passato una vita all'insegna del lavoro, che l'ha portato a mettere da parte una considerevole ricchezza, il buon uomo si è votato alla felicità delle sue uniche figlie, donando loro a più riprese tutti i suoi averi per ottenere in cambio "solo una carezza". Il cuore dell'uomo l'ha portato a immolarsi sull'altare della ricchezza filiale, come prova il suo processo di graduale decomposizione: si trasferisce in stanze via via più economiche, i capelli gli si imbiancano per l'abbandono del parrucchiere, i suoi vestiti si impoveriscono, la sua proprietà si riduce a un mucchio di posate. Contro questa vita ridotta ai minimi termini si staglia la frivolezza delle figlie, che corrono dal padre solo nei momenti in cui hanno bisogno di batter cassa per intonacare i loro visi in vista di un evento in società. Cuore e freddo calcolo si avviluppano violentemente sulla scena, e l'unico sconfitto appare sempre e solo il povero Goriot. I personaggi statici dimostrano come l'uomo sia il medesimo in ogni frangia della società: una gazza avida di denaro e vanità. La vita stessa non è che una lotta continua. Il testo è letteralmente invaso di termini mutuati dal linguaggio bellico. Assedio, inganno, strategia: questi sono i valori che mantengono in vita la Parigi che rantola nella corruzione. Madame Vauquer è come un mobile che completa la meschinità della sua pensione, e non ha certo più cuore di un cassettone malandato. I pensionanti sono uno più meschino dell'altro, sempre pronti a colpirsi alle spalle per ottenerne un vantaggio personale. La questione non cambia se diamo un'occhiata alla buona società: ne è un esempio il crudele accorrere degli invitati alla festa della ricca signora che è appena stata colpita al cuore dal suo amante, per gioire della sua sfortuna e della sua caduta. L'oro che luccica sui corpi e sulle mani non rende diverso lo spettacolo da un'impiccagione in piazza, a cui il popolo più ignorante assiste come al passare di un carrozzone del circo. E' una meschinità umana che supera le barriere sociali: la decadenza altrui rende la nostra figura felice della propria stabilità. In mezzo a questa giungla umana in cui le parole d'ordine sono "lotta" e "inganno", spicca la figura dell'audace Vautrin. Inizialmente odioso nei comportamenti, con lo scorrere della narrazione diventa paradossalmente puro nella sua crudeltà. "Vautrin è superiore", come dice Rastignac. Il suo pregio sta nel riconoscere la natura dell'uomo, e nel trarne vantaggio senza ipocrisia. A differenza delle altre sagome del racconto, che preparano come ragni la loro tela di inganni e fingono di amare in modo teatrale, Vautrin non finge. E' avido e non se ne vergogna, prepara la strada al suo successo cercando di raggiungere anche quello altrui per ottenerne dei vantaggi. E' forse il suo comportamento peggiore di quello di chi finge di amare per ottenere il passpartout per la buona società? "Forse l'opera opposta, la pittura delle tortuosità nelle quali un uomo di mondo, un ambizioso, fa rotolare la coscienza cercando di rasentare il male per arrivare allo scopo salvando le apparenze, non sarebbe né meno bella né meno drammatica". Ho amato Goriot, combattuto fra testa e cuore; ho amato Vautrin; ho amato persino Rastignac, ma solo alla fine del suo percorso, quando ha bevuto un po' di Vautrin. Ho odiato con tutte le mie forze quelle boriose delle figlie, la locandaia, la servitù. Signore e signori, ecco a voi la Commedia Umana: un vespaio in cui tutti cercano di accaparrarsi il miele.

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