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Abraham Yehoshua

L'amante

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Inserito il 21-01-2019 da LaCasula
Aggiornato il 21-01-2019 da LaCasula
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ElisaL

Non mi venga a dire che al mondo c'è un uomo libero. C'è una scena di un vecchio film in cui due ragazzi innamorati stanno uno accanto all'altro, vicinissimi, di fronte alla cinepresa. Fra di loro, al centro, c'è un telefono: ascoltano le parole di un amico che parla di un certo affare. La vicinanza inaspettata li rende nervosi. Si amano, ma non riescono a stringersi, a baciarsi, a confessarsi. Lei forse è intimidita e ha paura di non essere amata, lui la ama ma teme che con l'inizio di una relazione i suoi sogni svaniscano in un soffio. E c'è questa inquadratura meravigliosa, in cui loro si dividono perfettamente lo spazio in scena. Lei guarda verso il fuoricampo ma mostra il viso pieno e senza ombre, chiaro alla luce dei riflettori. Lui è di profilo, combattuto fra mente e corpo, è attratto dalla sua pelle d'un tratto così vicina, la sfiora e rimane in sospeso. E quel ricevitore, al centro, da cui continua a venire il cicaleccio dell'amico che parla di un affare, inascoltato. Era il pretesto dell'avvicinamento, ora è solo una cornice, rumore. (Il film è "La vita è meravigliosa" di Frank Capra, e la scena è questa http://www.youtube.com/watch?v=dAHbEch7q9s) Lo spazio tra un viso e l'altro contiene un universo di possibilità. Quella tensione tra i due, il fiato sospeso prima del bacio, che arriva tardi, sembra non arrivare mai. E tu sei lì, e te lo senti tutto addosso il peso di quell'universo, sollevi un po' il viso come se fossi lui o lei, e non aspettassi altro che una carezza. Ma la forza dell'ambizione di lui è troppo forte: invece di baciarla la scrolla, le grida contro tutti i suoi sogni armati in un "non mi sposerò mai". E cede al suo stesso desiderio. E i sogni, quello che lui doveva fare da individuo libero, da solo, nel mondo? Son stati seppelliti dalla forza di quello spazio sospeso, dall'urgenza di un contatto. Questo libro di Yehoshua sta esattamente a metà tra le bocche dei due amanti. Lui non è James Stewart e lei non è Donna Reed, i personaggi del romanzo arrivano a turno - o forse tutti insieme - e prendono posto all'interno delle sagome degli attori. Tutti tesi verso un contatto con l'altro che non arriva, sembra non arrivare mai, chissà se arriverà. Tutti tesi in quell'ansia di James Stewart, che muore dalla voglia di baciare e al contempo si arma per non farsi incastrare e rimanere coerente con i propri pensieri, i propri progetti di vita. Sono individui che si dibattono tra la necessità di star vicini e la paura di fare un passo verso l'altro. Hanno paura di uscire dalla loro stessa prigione, ma ne sentono lo stimolo irrefrenabile. Che cosa è un amante? E' un elemento estraneo che si insinua in una famiglia, in un legame già consolidato. E' il nuovo, l'estraneo, lo sconosciuto. E' un universo di possibilità da sondare, perlustrare e conoscere. In questo libro non c'è un amante solo. L'amante Gabriel, sparito il primo giorno della guerra, è solo uno dei tanti. Lasciando da parte la connotazione sessuale dell'amante e tenendo solo il nocciolo duro del contatto intimo con un estraneo, possiamo dire che tutti i personaggi sono l'uno l'amante dell'altro. Ebrei, arabi, uomini. C'è Na'im, l'arabetto, che si insinua nelle case degli ebrei, un po' per coincidenza, un po' per desiderio. Porta la sua diversità tra le loro mura, va a scontrarsi contro i loro pregiudizi aperti o covati inconsciamente. E così, come un seme di papavero gettato in un campo di rose, inizia a germogliare tra loro. Si mescola a loro. Forse diventa persino un po' rosa, o forse un nuovo fiore, indefinito, forse un papavero coi petali di una rosa ma con lo stesso pistillo. C'è Vaduccia, la centenaria nonna ebrea che l'accoglie in casa, un po' timorosa perché gli arabi sono tutti terroristi. E' tutta tesa tra una carezza che la fa sentire umana - lei, priva di legami col mondo oramai - e il terrore che Na'im nasconda armi nella sua stanza. Non c'è niente di buonista nel racconto di questa accoglienza, come non c'è niente di buonista nell'incontro tra gli altri personaggi: il racconto procede a voci alternate, si frantuma in molteplici punti di vista che fanno a pezzi speranze, paure, desideri e sogni. Na'im scorge comprensione in uno sguardo di Dafna, e già gioiamo con lui, ma appena la parola passa a lei ci ritroviamo con una manciata di vetri rotti tra le mani. Il cuore esce straziato da questo continuo cambio di prospettiva, la verità che si solleva dalle pagine è amara ma realista: il più delle volte non c'è modo di incontrarsi. Ci sfuggiamo continuamente, nonostante il desiderio. E in mezzo a tutta questa solitudine protesa verso un contatto con l'altro, Yehoshua lascia che prenda posto il cuore pulsante della questione israeliano-palestinese. E tutta l'amarezza del conflitto prende corpo nella divisione tra diffidenza della mente e desiderio di contatto corporeo. I pensieri si fanno la guerra, i corpi si cercano. Si sentono attraverso i vestiti, attraverso il respiro, carezze ai letti vuoti ma ancora caldi del sonno di qualcuno, baci domandati, schiaffi. Ebrei e arabi. Si toccano per non perdersi, perché il loro corpo lo sa: si stanno perdendo, e la mente potrà rimbrottare giudizi e interpretazioni errate della realtà quanto vuole. La verità è che sono soli. Soli e prigionieri l'uno dell'altro. Sembra impossibile che tutto questo lasci spazio a una speranza, eppure...

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Editore: Einaudi

Lingua: (DATO NON PRESENTE)

Numero di pagine: 435

Formato: (DATO NON PRESENTE)

ISBN-10: 8806118889

ISBN-13: 9788806118884

Data di pubblicazione: 1990

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Era il pretesto dell'avvicinamento, ora è solo una cornice, rumore. (Il film è "La vita è meravigliosa" di Frank Capra, e la scena è questa http://www.youtube.com/watch?v=dAHbEch7q9s) Lo spazio tra un viso e l'altro contiene un universo di possibilità. Quella tensione tra i due, il fiato sospeso prima del bacio, che arriva tardi, sembra non arrivare mai. E tu sei lì, e te lo senti tutto addosso il peso di quell'universo, sollevi un po' il viso come se fossi lui o lei, e non aspettassi altro che una carezza. Ma la forza dell'ambizione di lui è troppo forte: invece di baciarla la scrolla, le grida contro tutti i suoi sogni armati in un "non mi sposerò mai". E cede al suo stesso desiderio. E i sogni, quello che lui doveva fare da individuo libero, da solo, nel mondo? Son stati seppelliti dalla forza di quello spazio sospeso, dall'urgenza di un contatto. Questo libro di Yehoshua sta esattamente a metà tra le bocche dei due amanti. Lui non è James Stewart e lei non è Donna Reed, i personaggi del romanzo arrivano a turno - o forse tutti insieme - e prendono posto all'interno delle sagome degli attori. Tutti tesi verso un contatto con l'altro che non arriva, sembra non arrivare mai, chissà se arriverà. Tutti tesi in quell'ansia di James Stewart, che muore dalla voglia di baciare e al contempo si arma per non farsi incastrare e rimanere coerente con i propri pensieri, i propri progetti di vita. Sono individui che si dibattono tra la necessità di star vicini e la paura di fare un passo verso l'altro. Hanno paura di uscire dalla loro stessa prigione, ma ne sentono lo stimolo irrefrenabile. Che cosa è un amante? E' un elemento estraneo che si insinua in una famiglia, in un legame già consolidato. E' il nuovo, l'estraneo, lo sconosciuto. E' un universo di possibilità da sondare, perlustrare e conoscere. In questo libro non c'è un amante solo. L'amante Gabriel, sparito il primo giorno della guerra, è solo uno dei tanti. Lasciando da parte la connotazione sessuale dell'amante e tenendo solo il nocciolo duro del contatto intimo con un estraneo, possiamo dire che tutti i personaggi sono l'uno l'amante dell'altro. Ebrei, arabi, uomini. C'è Na'im, l'arabetto, che si insinua nelle case degli ebrei, un po' per coincidenza, un po' per desiderio. Porta la sua diversità tra le loro mura, va a scontrarsi contro i loro pregiudizi aperti o covati inconsciamente. E così, come un seme di papavero gettato in un campo di rose, inizia a germogliare tra loro. Si mescola a loro. Forse diventa persino un po' rosa, o forse un nuovo fiore, indefinito, forse un papavero coi petali di una rosa ma con lo stesso pistillo. C'è Vaduccia, la centenaria nonna ebrea che l'accoglie in casa, un po' timorosa perché gli arabi sono tutti terroristi. E' tutta tesa tra una carezza che la fa sentire umana - lei, priva di legami col mondo oramai - e il terrore che Na'im nasconda armi nella sua stanza. Non c'è niente di buonista nel racconto di questa accoglienza, come non c'è niente di buonista nell'incontro tra gli altri personaggi: il racconto procede a voci alternate, si frantuma in molteplici punti di vista che fanno a pezzi speranze, paure, desideri e sogni. Na'im scorge comprensione in uno sguardo di Dafna, e già gioiamo con lui, ma appena la parola passa a lei ci ritroviamo con una manciata di vetri rotti tra le mani. Il cuore esce straziato da questo continuo cambio di prospettiva, la verità che si solleva dalle pagine è amara ma realista: il più delle volte non c'è modo di incontrarsi. Ci sfuggiamo continuamente, nonostante il desiderio. E in mezzo a tutta questa solitudine protesa verso un contatto con l'altro, Yehoshua lascia che prenda posto il cuore pulsante della questione israeliano-palestinese. E tutta l'amarezza del conflitto prende corpo nella divisione tra diffidenza della mente e desiderio di contatto corporeo. I pensieri si fanno la guerra, i corpi si cercano. Si sentono attraverso i vestiti, attraverso il respiro, carezze ai letti vuoti ma ancora caldi del sonno di qualcuno, baci domandati, schiaffi. Ebrei e arabi. Si toccano per non perdersi, perché il loro corpo lo sa: si stanno perdendo, e la mente potrà rimbrottare giudizi e interpretazioni errate della realtà quanto vuole. La verità è che sono soli. Soli e prigionieri l'uno dell'altro. Sembra impossibile che tutto questo lasci spazio a una speranza, eppure...

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