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Questo mese, 10-05-2025
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Borìs Pasternàk

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Michela L.


Huckelberry Finn
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"Non gli passa. È difficile che la collera passi. Esiste il verbo incollerirsi, far montare dentro di sé la collera, ma non il suo contrario. P [...]

Michela L.


Huckelberry Finn
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"pensavo, come ha potuto «un sonnolento paese di poeti e sognatori», e la più colta e raffinata nazione che il mondo avesse mai visto, come ha [...]

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Simon Reynolds

Retromania

Voto medio della comunità Lìberos
Recensioni (1)
Inserito il 30-01-2014 da Alberto Rossi
Aggiornato il 30-01-2014 da Alberto Rossi
Disponibile in 2 librerie
Inserito il 30-01-2014 da Alberto Rossi
Aggiornato il 30-01-2014 da Alberto Rossi
Disponibile in 2 librerie

Un tempo il pop ribolliva di energia vitale: la psichedelia degli anni sessanta, il post-punk dei settanta, l'hip hop degli ottanta, il rave dei novanta. I duemila sembrano invece irrimediabilmente malati di passato: i Police e i Sex Pistols tornano sul palco, i Sonic Youth e gli Einsturzende Neubauten rimettono in scena le loro storiche performance live, i negozi di dischi sono invasi da cofanetti celebrativi di vecchie glorie del passato. Le "nuove" band che riempiono le playlist dei nostri iPod saccheggiano e riciclano la musica dei decenni precedenti: il garage punk dei White Stripes, il vintage soul di Amy Winehouse, il synthpop anni ottanta di La Roux e Lady Gaga. Non solo la musica, ma ogni aspetto della nostra società sembra soffrire della stessa patologia. Basta pensare ai remake di film e telefilm di culto, alla moda del vintage, al revival della cultura hipster e mod. Perché non sappiamo più essere originali? Cosa succederà quando esauriremo il passato a cui attingere? Riusciranno gli artisti di domani a emanciparsi dalla nostalgia e a produrre qualcosa di nuovo? Dopo il monumentale "Post Punk", Simon Reynolds torna con un'analisi meticolosa e provocatoria della cultura pop degli Anni Zero.

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Alberto Rossi

Che Simon Reynolds si voglia far passare per il miglior critico musicale vivente lo si capiva benissimo anche leggendo il fin troppo celebre "Post-Punk", e ad alimentare la leggenda sulle sue doti ci pensano amici e colleghi da Rolling Stone (la pessima rivista, non il gruppo con la s finale). Quel "Post-Punk", d'altronde, era un libro eccellente sotto il profilo enciclopedico, ma alquanto opinabile, per non dir di peggio, nell'aspetto critico. "Retromania" è un libro in cui non esiste nulla di enciclopedico, fondato completamente su un'analisi critica della musica contemporanea. Perso il suo punto di forza, Reynolds mette in mostra tutte le sue carenze, innumerevoli, a partire dai gusti (che certo, non son disputabili, ma alcune cose…) per arrivare all'ignoranza di scene e musicisti fondamentali nell'odierno panorama rock'n'roll. Tra gli altri, Reynolds non cita mai: i Fiery Furnaces, Solex, Carla Bozulich, i Books, i Soft Moon, i Mi Ami, Dan Deacon, i Battles, i Man Man, i Comets On Fire, i Fuck Buttons, i Menomena, St. Vincent, i Black Dice, gli Shit & Shine, i TV On The Radio, gli Xiu Xiu, gli Arcade Fire e i Blood Brothers. Lo dico da musicista (di bassa lega, per carità): se si vuole fare un'analisi seria e con tutti i crismi di cosa sono (stati) gli anni 2000 in musica non si può prescindere da nessuno dei gruppi appena citati, figuriamoci cosa vuol dire non prenderne in considerazione neanche uno. Ma trattasi di un ignoranza volontaria, Reynolds questi musicisti li conosce eccome, solo non li cita per chissà quale motivo. Sarà che la maggior parte di loro ha un rapporto ben più attivo con un presente proiettato nel futuro che con il passato? Parlando della scena musicale odierna a tutto tondo Reynolds avrebbe reso manifesto che la sua teoria fa acqua da tutte le parti. Qual è questa teoria? È presto detto: Reynolds identifica nella musica attuale (alternativa e pop) un costante rivolgersi al passato per trovare i propri modelli e spunti. Per il critico americano, dunque, nonostante alcuni degli artisti da lui citati sappiano rifondare vecchi statuti in modo interessante ed intelligente, la musica rock si sta infilando in un vicolo cieco (fortunatamente non arriva al proclama apocalittico: la musica rock è in fin di vita e destinata a morire nel giro di poco). Il paradosso beffardo è che Reynolds perora la sua causa tacciando di passatismo i musicisti degli anni '00 e ritenendo la musica delle generazioni precedenti (fino ai '90) decisamente superiore, cosa che, non c'è bisogno di dirlo, fa di Reynolds un passatista. Aggiungiamoci pure il fatto che il passato è sempre stato una fonte di ispirazione, perché del passato, almeno a piccole dosi, non si può fare a meno. E non ne ha potuto fare meno nemmeno il movimento anti-passatista per eccellenza, la new wave (vedi la fagocitazione-defecazione dei Residents, le ballate folk degli Ultravox, il blues spastico dei Pere Ubu, il sound acid dei Television, e così via). L'autore del volume ha però vita facile: fare presa sulle generazioni più anziane è compito banalissimo, si sa che i 50enni non amano la musica dei giovinotti, come succedeva anche nei favolosi (orripilanti) anni '60, e che continueranno a rimpiangere nostalgicamente i gruppi di quando eran giovani loro (quella sì che era musica); fare presa sui giovinotti non è molto più difficile, tenendo conto che la musica davvero interessante è sempre più legata all'underground (tendenza nata già dagli anni '80 ma che raggiunge oggi il suo culmine) e che quindi non ha la minima promozione neanche nell'epoca di internet. Le riviste cartacee sono carne morta (Rolling Stone in primis), quelle on-line sono già meglio ma spesso neanche loro riescono a dare i giusti spazi ai gruppi non commercialmente affermati (vedi Pitchfork, forse la migliore, ma che sovente regala recensioni ridicolmente positive ad artisti che hanno il solo pregio di avere un nome grosso e intanto non mette in mostra realtà ben maggiori). Per tradurre (un po' a braccio) Ernesto Sabato: "è bello quel che gli esperti trovano bello. Bach è superiore a Strauss perché così dicono gli esperti. E come si fa a sapere se una persona è esperta? Basta che preferisca Bach a Strauss. Ergo, Bach è superiore a Strauss perché così la pensano quei signori che preferiscono Bach a Strauss." In altre parole, tra questi presunti esperti difficilmente ne troveremo qualcuno che abbia davvero il coraggio di scovare quel che veramente conta andando contro a major, televisioni, radio ed "esperti" vari, il cui unico interesse è, c'è bisogno di dirlo?, il profitto. Rimangono blog e fanzine, ma i loro lettori saranno per sempre nell'ordine delle decine e non assimilabili a formare una massa di persone musicalmente coscienti e coerenti. Finché quanto di meraviglioso la musica odierna sa produrre (ed è tanto) sarà destinato ad una nicchia ridottissima sì, gli artisti dei decenni che furono sembreranno sempre superiori. Ma, ripeto, è troppo facile una visione tanto superficiale. Reynolds, hai vinto tu. Hai torto marcio, ma hai vinto tu.

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Editore: Isbn Edizioni

Lingua: (DATO NON PRESENTE)

Numero di pagine: 480

Formato: (DATO NON PRESENTE)

ISBN-10: 8876381708

ISBN-13: 9788876381706

Data di pubblicazione: 2011

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Tra gli altri, Reynolds non cita mai: i Fiery Furnaces, Solex, Carla Bozulich, i Books, i Soft Moon, i Mi Ami, Dan Deacon, i Battles, i Man Man, i Comets On Fire, i Fuck Buttons, i Menomena, St. Vincent, i Black Dice, gli Shit & Shine, i TV On The Radio, gli Xiu Xiu, gli Arcade Fire e i Blood Brothers. Lo dico da musicista (di bassa lega, per carità): se si vuole fare un'analisi seria e con tutti i crismi di cosa sono (stati) gli anni 2000 in musica non si può prescindere da nessuno dei gruppi appena citati, figuriamoci cosa vuol dire non prenderne in considerazione neanche uno. Ma trattasi di un ignoranza volontaria, Reynolds questi musicisti li conosce eccome, solo non li cita per chissà quale motivo. Sarà che la maggior parte di loro ha un rapporto ben più attivo con un presente proiettato nel futuro che con il passato? Parlando della scena musicale odierna a tutto tondo Reynolds avrebbe reso manifesto che la sua teoria fa acqua da tutte le parti. Qual è questa teoria? È presto detto: Reynolds identifica nella musica attuale (alternativa e pop) un costante rivolgersi al passato per trovare i propri modelli e spunti. Per il critico americano, dunque, nonostante alcuni degli artisti da lui citati sappiano rifondare vecchi statuti in modo interessante ed intelligente, la musica rock si sta infilando in un vicolo cieco (fortunatamente non arriva al proclama apocalittico: la musica rock è in fin di vita e destinata a morire nel giro di poco). Il paradosso beffardo è che Reynolds perora la sua causa tacciando di passatismo i musicisti degli anni '00 e ritenendo la musica delle generazioni precedenti (fino ai '90) decisamente superiore, cosa che, non c'è bisogno di dirlo, fa di Reynolds un passatista. Aggiungiamoci pure il fatto che il passato è sempre stato una fonte di ispirazione, perché del passato, almeno a piccole dosi, non si può fare a meno. E non ne ha potuto fare meno nemmeno il movimento anti-passatista per eccellenza, la new wave (vedi la fagocitazione-defecazione dei Residents, le ballate folk degli Ultravox, il blues spastico dei Pere Ubu, il sound acid dei Television, e così via). L'autore del volume ha però vita facile: fare presa sulle generazioni più anziane è compito banalissimo, si sa che i 50enni non amano la musica dei giovinotti, come succedeva anche nei favolosi (orripilanti) anni '60, e che continueranno a rimpiangere nostalgicamente i gruppi di quando eran giovani loro (quella sì che era musica); fare presa sui giovinotti non è molto più difficile, tenendo conto che la musica davvero interessante è sempre più legata all'underground (tendenza nata già dagli anni '80 ma che raggiunge oggi il suo culmine) e che quindi non ha la minima promozione neanche nell'epoca di internet. Le riviste cartacee sono carne morta (Rolling Stone in primis), quelle on-line sono già meglio ma spesso neanche loro riescono a dare i giusti spazi ai gruppi non commercialmente affermati (vedi Pitchfork, forse la migliore, ma che sovente regala recensioni ridicolmente positive ad artisti che hanno il solo pregio di avere un nome grosso e intanto non mette in mostra realtà ben maggiori). Per tradurre (un po' a braccio) Ernesto Sabato: "è bello quel che gli esperti trovano bello. Bach è superiore a Strauss perché così dicono gli esperti. E come si fa a sapere se una persona è esperta? Basta che preferisca Bach a Strauss. Ergo, Bach è superiore a Strauss perché così la pensano quei signori che preferiscono Bach a Strauss." In altre parole, tra questi presunti esperti difficilmente ne troveremo qualcuno che abbia davvero il coraggio di scovare quel che veramente conta andando contro a major, televisioni, radio ed "esperti" vari, il cui unico interesse è, c'è bisogno di dirlo?, il profitto. Rimangono blog e fanzine, ma i loro lettori saranno per sempre nell'ordine delle decine e non assimilabili a formare una massa di persone musicalmente coscienti e coerenti. Finché quanto di meraviglioso la musica odierna sa produrre (ed è tanto) sarà destinato ad una nicchia ridottissima sì, gli artisti dei decenni che furono sembreranno sempre superiori. Ma, ripeto, è troppo facile una visione tanto superficiale. Reynolds, hai vinto tu. Hai torto marcio, ma hai vinto tu.

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