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Haruki Murakami

1Q84

Voto medio della comunità Lìberos
Recensioni (1)
Inserito il 12-11-2014 da Marina
Aggiornato il 12-11-2014 da Marina
Disponibile in 7 librerie
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Aggiornato il 12-11-2014 da Marina
Disponibile in 7 librerie

"Tengo, dove sei?" Ci sono amori che devono attraversare universi per incontrarsi. Ci sono amori che devono superare ostacoli, difficoltà, avversari, enigmi. Amori che devono, soprattutto, vincere le paure interiori inquietanti e terribili come piccole creature che albergano dentro di noi per poter creare a propria volta un mondo in cui non ci sia più la paura, un mondo nuovo in cui essere al sicuro in due. Aomame e Tengo vivono da sei mesi in una realtà che non è la loro, un mondo "al di là dello specchio" su cui brillano due lune. Divisi e braccati, costantemente in pericolo di vita, sembra che tutto congiuri per impedire che si incontrino. Sulle loro tracce, oltre la setta Sakigake e forze ancora più sfuggenti e misteriose, adesso c'è anche l'investigatore privato Ushikawa, un ostinato segugio il cui bizzarro aspetto fisico (guardarlo "era come trovarsi di fronte a uno specchio deformante, e tuttavia nitido in modo spiacevole") si accompagna ad un intuito strepitoso. Ushikawa, però, è anche il terzo, inedito punto di vista che, alternandosi a Tengo e Aomame, accompagna il lettore nella vertiginosa conclusione di 1Q84. Qui Murakami tira le fila di tutte le trame, i personaggi, gli enigmi con cui ha costruito la sua narrazione: le domande, le coincidenze, i misteri daranno corpo a una nuova verità, come una costellazione che all'improvviso rivela il suo disegno. Murakami ha creato un universo per raccontarci come si creano gli universi.

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Noce Moscata

 

Tranquilli, è solo una figura retorica
 
Tra le tante cose insensate che convivono nella mia persona, ce n’è una di cui ho preso coscienza da molto. A fronte di una disordinata vita emotiva e sociale, la verità è che come archivista  avrei un futuro. Un ottimo futuro. L’irragionevole attitudine a conservare e “storiografare” odori, sapori, bucce di caramelle, scontrini, amori infeltriti, frasi, parole, sguardi sospesi, trova un naturale sbocco anche nel campo della letteratura. In questo caso c’è da benedire la tecnologia. Sebbene il mio rapporto di fidelizzazione con la penna rimanga  immutato, scrivere con la tastiera citazioni di libri lunghe due pagine è di gran sollievo, soprattutto per il callo dello scrivente che affligge il mio dito medio. 
 
Il rovescio della medaglia di tale abitudine, un po’ fetish lo so, è che necessita di parole chiave, accessi personalizzati che mi facciano ritrovare le cose in tempi minimi. E non è semplice. Darei il mio regno per un tag universale che mi faccia accedere alle cose che leggo e salvo a un mio schiocco di dita. Con Murakami è un gioco da ragazzi. Quasi tutte le frasi che salvo dei suoi libri, a parte un’etichetta contenutistica che me ne indichi l’oggetto, hanno un’ unica targhetta di classificazione: “metafora”.
 
È una parola che vale un po’ per tutti i sui libri, ma in special modo per questo. Il terzo della trilogia, la foce naturale del plot Aomame-Tenghiano. Foce perché tutto si risolve, naturale perché è dannatamente lungo come il corso di un fiume. E qua bisogna rispolverare lo sguardo del fotografo. Non il fotografo dilettante, quello panoramistico che si lascia attrarre dalla foce, dallo iodio, dal colpo d’occhio luminoso sull’amore ritrovato, ma il fotografo di nicchia, quello spacca maroni che si concentra sulle gocce di rugiada mentre chi lo accompagna ha tempo di andare a comprare le sigarette (e non tornare), quello che si perde dietro le angolature, i dettagli, quello che fotografa le anse del fiume e si rammarica di non avere un grandangolare satellitare che gli permetta di “catturare” il percorso tortuoso del  corso d’acqua.
 
Perché fare il fiume è una faticaccia. Provateci un po’ voi a trascinare grovigli di tronchi fino al mare, quando ti si incastrano a ogni pie’ sospinto.  Provate a godervi il paesaggio quando venite trascinati dalla corrente. Ci si arriva al mare, per carità, ma bisogna vedere come. Se ancora con la dignità di fiume, o con la frustrazione del ruscello. Murakami tratta la sua storia allo stesso modo. E il fotografo di nicchia lo sa. Perciò non gli interessa che gli introversi e solitari protagonisti della storia arrivino a ricongiungersi alla fine del loro percorso, ma gli interessa come hanno fatto ad arrivare lì. Quante e di che portata fossero le soste che li hanno obbligati a rallentare,  fotografare l’attimo in cui la tenacia li ha spinti a buttarsi nelle rapide. Il traguardo è relativo e l’happy end sfuma dietro il sipario, per far posto all’unica qualità che fa dell’autore un maratoneta, e che per proprietà transitiva si ritrova prima o poi in tutti i suoi libri. La costanza.  
 
Ecco dove sta la metafora. Nel saldo convincimento dei propri propositi, nella fede assoluta dei propri obiettivi. Obiettivi talmente sudati che vi si appiccicano persino le palpebre, e per un attimo vi pare quasi che reale e irreale si fondano assieme. Ma alla fine, siete ancora convinti che la storia tra Aomame e Tengo sia solo ed esclusivamente una storia d’amore?
 

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Editore: Einaudi

Lingua: (DATO NON PRESENTE)

Numero di pagine: 400

Formato: (DATO NON PRESENTE)

ISBN-10: 8806208292

ISBN-13: 9788806208295

Data di pubblicazione: 2012

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"Tengo, dove sei?" Ci sono amori che devono attraversare universi per incontrarsi. Ci sono amori che devono superare ostacoli, difficoltà, avversari, enigmi. Amori che devono, soprattutto, vincere le paure interiori inquietanti e terribili come piccole creature che albergano dentro di noi per poter creare a propria volta un mondo in cui non ci sia più la paura, un mondo nuovo in cui essere al sicuro in due. Aomame e Tengo vivono da sei mesi in una realtà che non è la loro, un mondo "al di là dello specchio" su cui brillano due lune. Divisi e braccati, costantemente in pericolo di vita, sembra che tutto congiuri per impedire che si incontrino. Sulle loro tracce, oltre la setta Sakigake e forze ancora più sfuggenti e misteriose, adesso c'è anche l'investigatore privato Ushikawa, un ostinato segugio il cui bizzarro aspetto fisico (guardarlo "era come trovarsi di fronte a uno specchio deformante, e tuttavia nitido in modo spiacevole") si accompagna ad un intuito strepitoso. Ushikawa, però, è anche il terzo, inedito punto di vista che, alternandosi a Tengo e Aomame, accompagna il lettore nella vertiginosa conclusione di 1Q84. Qui Murakami tira le fila di tutte le trame, i personaggi, gli enigmi con cui ha costruito la sua narrazione: le domande, le coincidenze, i misteri daranno corpo a una nuova verità, come una costellazione che all'improvviso rivela il suo disegno. Murakami ha creato un universo per raccontarci come si creano gli universi.

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Tra le tante cose insensate che convivono nella mia persona, ce n’è una di cui ho preso coscienza da molto. A fronte di una disordinata vita emotiva e sociale, la verità è che come archivista  avrei un futuro. Un ottimo futuro. L’irragionevole attitudine a conservare e “storiografare” odori, sapori, bucce di caramelle, scontrini, amori infeltriti, frasi, parole, sguardi sospesi, trova un naturale sbocco anche nel campo della letteratura. In questo caso c’è da benedire la tecnologia. Sebbene il mio rapporto di fidelizzazione con la penna rimanga  immutato, scrivere con la tastiera citazioni di libri lunghe due pagine è di gran sollievo, soprattutto per il callo dello scrivente che affligge il mio dito medio. 
 
Il rovescio della medaglia di tale abitudine, un po’ fetish lo so, è che necessita di parole chiave, accessi personalizzati che mi facciano ritrovare le cose in tempi minimi. E non è semplice. Darei il mio regno per un tag universale che mi faccia accedere alle cose che leggo e salvo a un mio schiocco di dita. Con Murakami è un gioco da ragazzi. Quasi tutte le frasi che salvo dei suoi libri, a parte un’etichetta contenutistica che me ne indichi l’oggetto, hanno un’ unica targhetta di classificazione: “metafora”.
 
È una parola che vale un po’ per tutti i sui libri, ma in special modo per questo. Il terzo della trilogia, la foce naturale del plot Aomame-Tenghiano. Foce perché tutto si risolve, naturale perché è dannatamente lungo come il corso di un fiume. E qua bisogna rispolverare lo sguardo del fotografo. Non il fotografo dilettante, quello panoramistico che si lascia attrarre dalla foce, dallo iodio, dal colpo d’occhio luminoso sull’amore ritrovato, ma il fotografo di nicchia, quello spacca maroni che si concentra sulle gocce di rugiada mentre chi lo accompagna ha tempo di andare a comprare le sigarette (e non tornare), quello che si perde dietro le angolature, i dettagli, quello che fotografa le anse del fiume e si rammarica di non avere un grandangolare satellitare che gli permetta di “catturare” il percorso tortuoso del  corso d’acqua.
 
Perché fare il fiume è una faticaccia. Provateci un po’ voi a trascinare grovigli di tronchi fino al mare, quando ti si incastrano a ogni pie’ sospinto.  Provate a godervi il paesaggio quando venite trascinati dalla corrente. Ci si arriva al mare, per carità, ma bisogna vedere come. Se ancora con la dignità di fiume, o con la frustrazione del ruscello. Murakami tratta la sua storia allo stesso modo. E il fotografo di nicchia lo sa. Perciò non gli interessa che gli introversi e solitari protagonisti della storia arrivino a ricongiungersi alla fine del loro percorso, ma gli interessa come hanno fatto ad arrivare lì. Quante e di che portata fossero le soste che li hanno obbligati a rallentare,  fotografare l’attimo in cui la tenacia li ha spinti a buttarsi nelle rapide. Il traguardo è relativo e l’happy end sfuma dietro il sipario, per far posto all’unica qualità che fa dell’autore un maratoneta, e che per proprietà transitiva si ritrova prima o poi in tutti i suoi libri. La costanza.  
 
Ecco dove sta la metafora. Nel saldo convincimento dei propri propositi, nella fede assoluta dei propri obiettivi. Obiettivi talmente sudati che vi si appiccicano persino le palpebre, e per un attimo vi pare quasi che reale e irreale si fondano assieme. Ma alla fine, siete ancora convinti che la storia tra Aomame e Tengo sia solo ed esclusivamente una storia d’amore?
 

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