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Marco Mancassola

Il ventisettesimo anno

Voto medio della comunità Lìberos
Recensioni (1)
Inserito il 30-01-2014 da Alberto Rossi
Aggiornato il 30-01-2014 da Alberto Rossi
Disponibile in 2 librerie
Inserito il 30-01-2014 da Alberto Rossi
Aggiornato il 30-01-2014 da Alberto Rossi
Disponibile in 2 librerie

Due racconti intensi e struggenti, due storie di amore, amcizia e morte, due grandi prove con cui Marco Mancassola si conferma uno dei talenti letterari più brillanti delle ultime generazioni.
Il primo racconto, che dà il titolo alla raccolta, è un microromanzo di formazione in cui il protagonista ripercorre il periodo della sua adolescenza (gli anni Ottanta): un’educazione etica e sentimentale segnata dalla scomparsa del fratello maggiore stroncato dall’Aids. Nel secondo racconto (Dov’è finita la realtà) un semplice incontro notturno tra due amici al pub diventa l’occasione per una inaspettata e vertiginosa discesa agli inferi. Tra le due storie le immagini enigmatiche di Pierantonio Tanzola si inseriscono come un terzo racconto, frammentato e struggente. Con le sue prove precedenti Marco Mancassola aveva sorpreso la critica e si era guadagnato uno zoccolo duro di lettori fedelissimi. Ma forse mai, come con questo piccolo libro, tutti i suoi temi e la sua poetica avevano raggiunto un simile vertice di sintesi, di compiutezza, di impatto emotivo.

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Alberto Rossi

Di Marco Mancassola avevo già avuto modo di leggere Non saremo confusi per sempre, interessantissima raccolta di racconti che unisce in modo sapiente e originale cinque dei fatti più celebri della cronaca italiana degli ultimi quarant'anni con un patrimonio di immagini fantastiche e surreali, come a voler dimostrare che la narrativa non è nient'altro che questo: verità più fantasia. I due racconti del presente volume sono invero più remoti, ma la mano di Mancassola si riconosce anche dove non è ancora in grado di funzionare precisamente. Il primo racconto, che dà il titolo al libro, scritto quando l'autore non aveva ancora pubblicato nulla, si sviluppa da un'idea interessante e ha già alcuni spunti di grande impatto, ma mostra ancora una certa immaturità stilistica e più che altro si porta dietro il peso di non riuscire, nonostante gli intensi argomenti trattati, a coinvolgere emotivamente il lettore. Comprensibile, vista la giovane età di chi scriveva, ma l'impressione è più che altro quella di un'occasione sprecata. Il secondo è più recente e al contempo decisamente più riuscito: è la narrazione, ancora una volta su temi forti quali l'esperienza della morte e del lutto (che è d'altronde una cifra stilistica di Mancassola), fatta però da un ragazzo ubriaco ad un coetaneo altrettanto sbronzo (che è a sua volta il nostro narratore). Un narratore non lucido che continua a giurare sulla veridicità della storia, un ascoltatore allo stesso modo poco lucido che a distanza di mesi dovrà ri-raccontare, a noi lettori, la stessa storia. Come possiamo sapere se è tutto vero, se ogni dettaglio, ogni passaggio, ogni parola è stata riportata con la dovuta accortezza? La trama in sé è plausibile, ma ha elementi incredibili, e noi non possiamo far altro che accettarla così com'è. C'è già, appunto, quella riflessione metaletteraria e quell'unione di realtà e incredibile in cui il giovane scrittore veneto si muove con estrema facilità e coscienza; allo stesso tempo c'è una sensazione di incomprensibilità della struttura crudele e perversa del mondo che può far male al cuore. Davvero ben riuscito. P.S. Complimenti a Minimum Fax per la bella edizione.

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Editore: Minimum Fax

Lingua: (DATO NON PRESENTE)

Numero di pagine: 73

Formato: (DATO NON PRESENTE)

ISBN-10: 887521073X

ISBN-13: 9788875210731

Data di pubblicazione: 2005

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Due racconti intensi e struggenti, due storie di amore, amcizia e morte, due grandi prove con cui Marco Mancassola si conferma uno dei talenti letterari più brillanti delle ultime generazioni.
Il primo racconto, che dà il titolo alla raccolta, è un microromanzo di formazione in cui il protagonista ripercorre il periodo della sua adolescenza (gli anni Ottanta): un’educazione etica e sentimentale segnata dalla scomparsa del fratello maggiore stroncato dall’Aids. Nel secondo racconto (Dov’è finita la realtà) un semplice incontro notturno tra due amici al pub diventa l’occasione per una inaspettata e vertiginosa discesa agli inferi. Tra le due storie le immagini enigmatiche di Pierantonio Tanzola si inseriscono come un terzo racconto, frammentato e struggente. Con le sue prove precedenti Marco Mancassola aveva sorpreso la critica e si era guadagnato uno zoccolo duro di lettori fedelissimi. Ma forse mai, come con questo piccolo libro, tutti i suoi temi e la sua poetica avevano raggiunto un simile vertice di sintesi, di compiutezza, di impatto emotivo.

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Di Marco Mancassola avevo già avuto modo di leggere Non saremo confusi per sempre, interessantissima raccolta di racconti che unisce in modo sapiente e originale cinque dei fatti più celebri della cronaca italiana degli ultimi quarant'anni con un patrimonio di immagini fantastiche e surreali, come a voler dimostrare che la narrativa non è nient'altro che questo: verità più fantasia. I due racconti del presente volume sono invero più remoti, ma la mano di Mancassola si riconosce anche dove non è ancora in grado di funzionare precisamente. Il primo racconto, che dà il titolo al libro, scritto quando l'autore non aveva ancora pubblicato nulla, si sviluppa da un'idea interessante e ha già alcuni spunti di grande impatto, ma mostra ancora una certa immaturità stilistica e più che altro si porta dietro il peso di non riuscire, nonostante gli intensi argomenti trattati, a coinvolgere emotivamente il lettore. Comprensibile, vista la giovane età di chi scriveva, ma l'impressione è più che altro quella di un'occasione sprecata. Il secondo è più recente e al contempo decisamente più riuscito: è la narrazione, ancora una volta su temi forti quali l'esperienza della morte e del lutto (che è d'altronde una cifra stilistica di Mancassola), fatta però da un ragazzo ubriaco ad un coetaneo altrettanto sbronzo (che è a sua volta il nostro narratore). Un narratore non lucido che continua a giurare sulla veridicità della storia, un ascoltatore allo stesso modo poco lucido che a distanza di mesi dovrà ri-raccontare, a noi lettori, la stessa storia. Come possiamo sapere se è tutto vero, se ogni dettaglio, ogni passaggio, ogni parola è stata riportata con la dovuta accortezza? La trama in sé è plausibile, ma ha elementi incredibili, e noi non possiamo far altro che accettarla così com'è. C'è già, appunto, quella riflessione metaletteraria e quell'unione di realtà e incredibile in cui il giovane scrittore veneto si muove con estrema facilità e coscienza; allo stesso tempo c'è una sensazione di incomprensibilità della struttura crudele e perversa del mondo che può far male al cuore. Davvero ben riuscito. P.S. Complimenti a Minimum Fax per la bella edizione.

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