Dall'agosto del 1999 Anna Politkovskaia, grande reporter del bisettimanale Novaia Gazetta, è stata più di quaranta volte in Cecenia per seguire la guerra, la seconda che questa piccola repubblica subisce. Secondo la giornalista, sono in gioco l'avvenire stesso della Russia e le sue chance di arrivare a una vera democrazia. Descrivendo il calvario della popolazione cecena, dimostra che il persistere del conflitto lo rende sempre più incontrollabile. La violenza assoluta favorisce la minoranza cecena più estrema, a detrimento della maggioranza dalle idee più occidentali, e disumanizza i combattenti dei due schieramenti. I militari russi saccheggiano, stuprano e uccidono nella totale impunità, i combattenti ceceni annegano nella delazione e nei regolamenti di conti, divorati dal desiderio di vendetta da una parte e da ciniche esigenze di sopravvivenza dall'altra, scivolando talvolta nella criminalità pura e semplice. Alla fine, questi comportamenti finiscono per corrodere moralmente tutta la società. Per Anna Politkovskaia, che non risparmia nemmeno il presidente russo Vladimir Putin, questa spirale infernale ha la sua origine nella tradizione di un potere che ha bisogno di un nemico, di un capro espiatorio cui far portare il peso dei problemi reali dei russi nel difficile periodo del postcomunismo.