Un marito ideale è la terza e ultima delle cosiddette "commedie salottiere" (o society dramas) di Oscar Wilde, composte e andate in scena in un breve lasso di tempo. In tutti e tre i drammi, apprezzatissimi alla loro epoca, anche se più dal pubblico che dalla critica, Oscar Wilde, celebre conversatore, stella dei banchetti, offrì qualche gemma del suo repertorio introducendo un personaggio nuovo rispetto a quelli consueti del genere, affidandogli le funzioni di suo portavoce: in Un marito ideale è il dandy Lord Goring, instancabile confezionatore di epigrammi nuovi e scintillanti.
Delle tre, comunque, Un marito ideale è il capolavoro. Non solo è quella costruita con più cura, è anche la più corposa, con i suoi quattro atti; quella con il maggior numero di personaggi di rilievo; quella con cui è meglio realizzata la fusione tra comicità assurda che già guarda all'Importanza di chiamarsi Ernesto e la trama "seria". È anche quella in cui un impegno di fondo sottolinea con più efficacia l'ostentata frivolezza del tono.
Ma l'elemento più originale di queste commedie, e quello che le rende particolarmente interessanti ancora oggi e che i contemporanei, abbacinati e divertiti, fecero più fatica a distinguere, con poche eccezioni, è la natura paradossale di quanto vi avviene: Sir George Chiltern, integerrimo giovane statista dal fulgido futuro, viene ricattato dall'avventuriera Mrs Cheveley, ma è infine salvato dall'intervento del perdigiorno Lord Goring che, pur sembrando occuparsi solo del fiore da mettersi all'occhiello, si rivela all'occorrenza molto più saggio e affidabile del futuro primo ministro. Il quale ha un enorme scheletro nell'armadio, ma, morale inquietante nonché paradossalmente ineccepibile, è, come responsabile di cose pubbliche, preferibile a qualcuno che non sia mai uscito dalla retta via: il peccatore riformato è migliore, più temprato, del moralista mai indotto in tentazione.
MASOLINO D'AMICO