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E intanto, mentre non c'eri...

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Simone Weil

Lettera a un religioso

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Inserito il 28-10-2013 da Andrea
Aggiornato il 28-10-2013 da Andrea
Disponibile in 1 libreria
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Aggiornato il 28-10-2013 da Andrea
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«Quando leggo il catechismo del Concilio di Trento, mi sembra di non aver nulla in comune con la religione che vi è esposta. Quando leggo il Nuovo Testamento, i mistici, la liturgia, quando vedo celebrare la messa, sento con una specie di certezza che questa fede è la mia, o più precisamente lo sarebbe senza la distanza che la mia imperfezione pone tra essa e me». Giunta agli ultimi anni della sua vita, Simone Weil volle esporre in una lunga lettera al padre Marie-Alain Couturier i propri convincimenti, per verificarne la compatibilità «con l’appartenenza alla Chiesa». La risposta non arrivò mai, e la Weil rimase fino all’ultimo fedele alla sua «vocazione di essere cristiana al di fuori della Chiesa». Ciò non deve meravigliare: le tesi qui proposte, nella loro cristallina, categorica chiarezza, sono in realtà una sfida alla Chiesa – forse la più alta fra le molte che ha conosciuto in questo secolo. E innanzitutto una sfida alla pretesa ecclesiale di offrire la verità ultima, rispetto alla quale ogni altra è una rudimentale prefigurazione. Non così per la Weil, che trovava in Platone, nella Bhagavad Gita o nel Tao tê ching le stesse verità, compiutamente espresse, che incontrava nei Vangeli. «Ogniqualvolta un uomo ha invocato con cuore puro Osiride, Dioniso, Krsna, Buddha, il Tao, ecc., il figlio di Dio ha risposto inviandogli lo Spirito Santo. E lo Spirito ha agito sulla sua anima, non inducendolo ad abbandonare la sua tradizione religiosa, ma dandogli la luce – e nel migliore dei casi la pienezza della luce – all’interno di tale tradizione». Lettera a un religioso è stato pubblicato per la prima volta nel 1951.

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Editore: Adelphi

Lingua: (DATO NON PRESENTE)

Numero di pagine: 132

Formato: (DATO NON PRESENTE)

ISBN-10: 8845912094

ISBN-13: 9788845912092

Data di pubblicazione: 1996

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«Quando leggo il catechismo del Concilio di Trento, mi sembra di non aver nulla in comune con la religione che vi è esposta. Quando leggo il Nuovo Testamento, i mistici, la liturgia, quando vedo celebrare la messa, sento con una specie di certezza che questa fede è la mia, o più precisamente lo sarebbe senza la distanza che la mia imperfezione pone tra essa e me». Giunta agli ultimi anni della sua vita, Simone Weil volle esporre in una lunga lettera al padre Marie-Alain Couturier i propri convincimenti, per verificarne la compatibilità «con l’appartenenza alla Chiesa». La risposta non arrivò mai, e la Weil rimase fino all’ultimo fedele alla sua «vocazione di essere cristiana al di fuori della Chiesa». Ciò non deve meravigliare: le tesi qui proposte, nella loro cristallina, categorica chiarezza, sono in realtà una sfida alla Chiesa – forse la più alta fra le molte che ha conosciuto in questo secolo. E innanzitutto una sfida alla pretesa ecclesiale di offrire la verità ultima, rispetto alla quale ogni altra è una rudimentale prefigurazione. Non così per la Weil, che trovava in Platone, nella Bhagavad Gita o nel Tao tê ching le stesse verità, compiutamente espresse, che incontrava nei Vangeli. «Ogniqualvolta un uomo ha invocato con cuore puro Osiride, Dioniso, Krsna, Buddha, il Tao, ecc., il figlio di Dio ha risposto inviandogli lo Spirito Santo. E lo Spirito ha agito sulla sua anima, non inducendolo ad abbandonare la sua tradizione religiosa, ma dandogli la luce – e nel migliore dei casi la pienezza della luce – all’interno di tale tradizione». Lettera a un religioso è stato pubblicato per la prima volta nel 1951.

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