“Mi ripiego verso la sacra notte, impronunciabile, colma di misteri. In gocce di rugiada voglio precipitare, mischiandomi con la cenere”
I due capolavori del poeta filosofo che fu il fulcro del romanticismo europeo. Un viaggio nell’animo che dagli Inni, scritti alla luce cupa della morte della fidanzata Sophie, approda ai Canti, illuminati dalla speranza cristiana.
“Se volessimo tener fermo il senso proprio, filosofico e non meramente letterario della parola ‘romanticismo’, dovremmo audacemente sostenere che esiste un unico, grande romantico: Novalis. E come corollario dovremmo dire che il più grande testo romantico, se non l’unico, sono gli Inni alla notte. [...] Cos’è dunque, in breve, la poesia per Novalis? La poesia è magia immaginativa dell’io. Novalis riprende quindi l’idea fichtiana dell’Io assoluto, interpretandolo però non come semplice soggetto trascendentale, ma come fonte infinita di realtà; l’idealismo diviene magico: la fantasia e la volontà del soggetto individuale – cioè del poeta – si fanno onnipotenti, dal momento che sono in grado di creare e trasformare il mondo. La poesia è dunque l’atto supremo, la libertà creativa assoluta; la trasformazione reale del mondo terreno, il fare dei casi della vita quel che ci pare, il servirsene a proprio capriccio: ‘quel che Io voglio essere, Io lo sono’.” (dall’introduzione di Susanna Mati)