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Alessandra Sarchi

Violazione

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Inserito il 30-01-2014 da Alberto Rossi
Aggiornato il 30-01-2014 da Alberto Rossi
Disponibile in 1 libreria
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Alberto Rossi

Attraverso la storia di tre famiglie, una di imprenditori edili, l'altra di acquirenti di una casa dai primi costruita, la terza di immigranti moldavi, quello che Alessandra Sarchi mette in mostra con questo suo primo romanzo è soprattutto l'Italia; la peggiore Italia, quella che ha venduto se stessa al cemento e alla speculazione, e che ora marcisce sotto il peso di frane, alluvioni e mostri di centinaia di metri quadrati. Alla faccia delle pretese dei più bei paesaggi d'Europa, ma con un ampio riscatto per il nostro popolo di fronte ai meccanismi di potere più pittoreschi del continente. Questo romanzo ha qualità affascinanti: porta avanti una storia normale e quotidiana, ma con stratagemmi narrativi degni di nota la vicenda prende una piega del tutto imprevedibile, sin dall'incipit claustrofobico e potentissimo. L'intrecciarsi dei rapporti umani, e una visione a 360 gradi sull'odierna società italiana, fatta d'immigrazione e ambientalisti della domenica, imprenditori senza scrupoli ma con alle spalle storie familiari tutt'altro che facili (che comunque non rappresentano una giustificazione, e la Sarchi lo fa capire benissimo) e rovina, sfacelo, disastro; tutto questo è portato avanti con discreta classe, e soprattutto con una tecnica impeccabile che a volte ha davvero dei colpi di genio. L'incipit del capitolo 17, per esempio, sembra una classica descrizione alla Dickens, ma un Dickens aggiornato al 2012, e colpisce come un pugno allo stomaco: Lunedì mattina. È ottobre ma fa ancora caldo, così caldo che si direbbe estate. Si preannuncia un autunno mite, possibilmente siccitoso. I meteorologi allertano sulle secche del Po e la crisi idrica. A un autunno così fa seguito un inverno senza vero freddo, rare gelate, scarse nebbie in pianura, livelli altissimi di polveri sottili nei centri urbani. Unico vantaggio: si risparmierà su combustibili da riscaldamento e sul petrolio degli arabi. Gli oleodotti e metanodotti russi saranno costretti ad allentare la loro morsa da sanguisughe sull'Europa, pomperanno meno combustibile e succhieranno meno denaro. Sono previsti cali anche nelle vendite di piumini d'oca e apparecchi scaldabagno. Per il resto nel vecchio continente si continuerà a morire di cancro, fra una tregua e l'altra della guerra energetica. Ma questo i giornali non lo dicono. Ok, non è vero, manca lo zoom per essere veramente Dickensiana, o meglio lo zoom c'è ma è improvviso e brutale (voi non lo vedete perché comincia subito dopo), e per questo tanto più efficace in un romanzo che si basa sulla brutalità. Ma che pure è capace di momenti di dolcezza tutt'altro che stucchevoli. Poi, all'improvviso, il meccanismo si inceppa: nella terza e ultima parte, giunto il momento di tirare ogni somma, la scrittura perde molto del suo potere. I dialoghi cominciano ad appesantirsi e, di conseguenza, a risultare pura finzione; i personaggi, anche quelli prima profondi, diventano bidimensionali, oggetti inanimati che non riescono più a colpire il lettore; e, peggio che tutto, nel momento culminante del romanzo lo stile asciutto diventa colmo d'allusioni e spiegazioni che vogliono far la morale e che invece (o proprio per questo) sono solamente pedanti. E tra le cose che meno sopporto in narrativa c'è la morale. Anche in questo, in fondo, Alessandra Sarchi assomiglia a Dickens. E un'altra cosa che non sopporto in letteratura è il moralismo alla Dickens. Che poi in fondo è la stessa cosa. Insomma, una presa di potere della doxa Barthes-iana. È un vero peccato, un peccato che si concretizza in un'occasione sprecata. Mi sento comunque di consigliarlo, ma solo fino a pagina 170.

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Editore: Einaudi

Lingua: (DATO NON PRESENTE)

Numero di pagine: 271

Formato: (DATO NON PRESENTE)

ISBN-10: 8806207075

ISBN-13: 9788806207076

Data di pubblicazione: 2012

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Attraverso la storia di tre famiglie, una di imprenditori edili, l'altra di acquirenti di una casa dai primi costruita, la terza di immigranti moldavi, quello che Alessandra Sarchi mette in mostra con questo suo primo romanzo è soprattutto l'Italia; la peggiore Italia, quella che ha venduto se stessa al cemento e alla speculazione, e che ora marcisce sotto il peso di frane, alluvioni e mostri di centinaia di metri quadrati. Alla faccia delle pretese dei più bei paesaggi d'Europa, ma con un ampio riscatto per il nostro popolo di fronte ai meccanismi di potere più pittoreschi del continente. Questo romanzo ha qualità affascinanti: porta avanti una storia normale e quotidiana, ma con stratagemmi narrativi degni di nota la vicenda prende una piega del tutto imprevedibile, sin dall'incipit claustrofobico e potentissimo. L'intrecciarsi dei rapporti umani, e una visione a 360 gradi sull'odierna società italiana, fatta d'immigrazione e ambientalisti della domenica, imprenditori senza scrupoli ma con alle spalle storie familiari tutt'altro che facili (che comunque non rappresentano una giustificazione, e la Sarchi lo fa capire benissimo) e rovina, sfacelo, disastro; tutto questo è portato avanti con discreta classe, e soprattutto con una tecnica impeccabile che a volte ha davvero dei colpi di genio. L'incipit del capitolo 17, per esempio, sembra una classica descrizione alla Dickens, ma un Dickens aggiornato al 2012, e colpisce come un pugno allo stomaco: Lunedì mattina. È ottobre ma fa ancora caldo, così caldo che si direbbe estate. Si preannuncia un autunno mite, possibilmente siccitoso. I meteorologi allertano sulle secche del Po e la crisi idrica. A un autunno così fa seguito un inverno senza vero freddo, rare gelate, scarse nebbie in pianura, livelli altissimi di polveri sottili nei centri urbani. Unico vantaggio: si risparmierà su combustibili da riscaldamento e sul petrolio degli arabi. Gli oleodotti e metanodotti russi saranno costretti ad allentare la loro morsa da sanguisughe sull'Europa, pomperanno meno combustibile e succhieranno meno denaro. Sono previsti cali anche nelle vendite di piumini d'oca e apparecchi scaldabagno. Per il resto nel vecchio continente si continuerà a morire di cancro, fra una tregua e l'altra della guerra energetica. Ma questo i giornali non lo dicono. Ok, non è vero, manca lo zoom per essere veramente Dickensiana, o meglio lo zoom c'è ma è improvviso e brutale (voi non lo vedete perché comincia subito dopo), e per questo tanto più efficace in un romanzo che si basa sulla brutalità. Ma che pure è capace di momenti di dolcezza tutt'altro che stucchevoli. Poi, all'improvviso, il meccanismo si inceppa: nella terza e ultima parte, giunto il momento di tirare ogni somma, la scrittura perde molto del suo potere. I dialoghi cominciano ad appesantirsi e, di conseguenza, a risultare pura finzione; i personaggi, anche quelli prima profondi, diventano bidimensionali, oggetti inanimati che non riescono più a colpire il lettore; e, peggio che tutto, nel momento culminante del romanzo lo stile asciutto diventa colmo d'allusioni e spiegazioni che vogliono far la morale e che invece (o proprio per questo) sono solamente pedanti. E tra le cose che meno sopporto in narrativa c'è la morale. Anche in questo, in fondo, Alessandra Sarchi assomiglia a Dickens. E un'altra cosa che non sopporto in letteratura è il moralismo alla Dickens. Che poi in fondo è la stessa cosa. Insomma, una presa di potere della doxa Barthes-iana. È un vero peccato, un peccato che si concretizza in un'occasione sprecata. Mi sento comunque di consigliarlo, ma solo fino a pagina 170.

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