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Christa Wolf

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Inserito il 30-01-2014 da Alberto Rossi
Aggiornato il 30-01-2014 da Alberto Rossi
Disponibile in 1 libreria
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Aggiornato il 30-01-2014 da Alberto Rossi
Disponibile in 1 libreria

Al centro di questo romanzo di Christ Wolf, uno dei suoi libri più belli, si muovono i poeti Heinrich von Kleist e Karoline von Günderrode. Figli delusi della loro epoca, non hanno spazio in nessun luogo, da nessuna parte. Christa Wolf immagina di vederli insieme, in un pomeriggio d'estate del 1804, sulle rive del Reno. Sono giovani, eppure prossimi alla fine. Karoline si ucciderà nel 1806, Kelist nel 1811. Nel salotto dove avviene il loro incontro si danno appuntamento personaggi illustri, poeti e scienziati di quell'epoca romantica a cavallo tra una Rivoluzione che va esaurendosi e la Restaurazione strisciante. I due poeti rappresentano una generazione che deve produrre nuovi modelli di vita perché i modelli del passato non valgono più. Sono stranieri in patria, battistrada senza seguito, voci senza risonanza. Isolati, esclusi da ogni possibilità di azione, relegati e confinati nell'avventura dell'anima, sono consegnati inermi ai propri dubbi, alla disperazione, alla sempre più viva certezza del fallimento.

Christa Wolf ricostruisce con maestria un'epoca, un'atmosfera; e una sensibilità che ci appare straordinariamente moderna.

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Alberto Rossi

Ci si immagina che in un'estate del 1804 il poeta Heinrich von Kleist e la, a me sin qui sconosciuta, poetessa Karoline von Günderrode si incontrino e sì, insomma, si vogliano senza volersi, o non si vogliano volendosi, o qualsivoglia altro polittoto michelangiolesco. Sotto la superficie della storia dei due poeti si nasconde però una imponente riflessione sulla letteratura. Le tre voci in campo, quella narrante e quelle dei due poeti, sono alternate senza che ci venga donato alcun segno grafico per capire quando avviene il passaggio dall'una all'altra. Il richiamo è certamente a Faulkner, anche se qui ci troviamo di fronte ad un esperimento sostanzialmente più accessibile di un "The Sound and the Fury". L'obiettivo, credo, è quello di dare voce ai sentimenti interiori di due animi romantici, delusi tanto dalla malinconica esperienza personale quanto dall'esperienza collettiva di un sistema politico insoddisfacente (quello della Germania divisa in tanti microstati) che sembra ineluttabilmente destinato a peggiorare con le conquiste di Napoleone (un francese, dio mio!). Ma questi due animi, proprio in quanto romantici, non si eran già espressi in cotal maniera nei loro versi? È appunto qui che la Wolf vuole giocare: l'espressione dell'io di un romantico, per quanto geniale, è per forza di cose legata a degli stereotipi per cui l'amore dev'essere potentemente sublime e sublimemente potente; e la scrittrice tedesca se ne vuole sbarazzare di questi stereotipi, o quantomeno vuole indagarli più da vicino, più dal profondo, con psicanalitico animo moderno, post-Freud, post-Jung, post-Lacan, ma anche post-Pirandello, post-Proust e post-Borges. Enorme riflessione sulla letteratura, dicevo, perché è il continuo contrasto fra romantico e (post?) moderno ad apparire come soggetto ultimo della riflessione e l'unica voce delle tre voci, in questo senso, funge da trait d'union tra i diversi spiriti, che in fondo non possono far altro che essere nulla più e nulla meno che degli umani. Metaletterario quindi, ma non metatestuale, si faccia attenzione. Che nessuno si aspetti qualcosa alla John Barth, quelle cose tanto di moda negli ultimi anni. La Wolf ne è del tutto indifferente. La prima metà del libro ha forse dei momenti eccessivamente esornativi, non troppo lunghi ma un po' noiosi. La seconda parte è invece una pura meraviglia; si arriva al confronto diretto tra le due anime in pena e la riflessione che ne scaturisce è una temeraria meditazione sul significato ultimo della nostra esistenza. Non ci sarà data, ovviamente, alcuna conclusione concreta, ma la fascinazione che deriva da questi brevi lampi è davvero una gran cosa.

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Editore: E/O

Lingua: (DATO NON PRESENTE)

Numero di pagine: 118

Formato: (DATO NON PRESENTE)

ISBN-10: 8876418857

ISBN-13: 9788876418853

Data di pubblicazione: 2009

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Al centro di questo romanzo di Christ Wolf, uno dei suoi libri più belli, si muovono i poeti Heinrich von Kleist e Karoline von Günderrode. Figli delusi della loro epoca, non hanno spazio in nessun luogo, da nessuna parte. Christa Wolf immagina di vederli insieme, in un pomeriggio d'estate del 1804, sulle rive del Reno. Sono giovani, eppure prossimi alla fine. Karoline si ucciderà nel 1806, Kelist nel 1811. Nel salotto dove avviene il loro incontro si danno appuntamento personaggi illustri, poeti e scienziati di quell'epoca romantica a cavallo tra una Rivoluzione che va esaurendosi e la Restaurazione strisciante. I due poeti rappresentano una generazione che deve produrre nuovi modelli di vita perché i modelli del passato non valgono più. Sono stranieri in patria, battistrada senza seguito, voci senza risonanza. Isolati, esclusi da ogni possibilità di azione, relegati e confinati nell'avventura dell'anima, sono consegnati inermi ai propri dubbi, alla disperazione, alla sempre più viva certezza del fallimento.

Christa Wolf ricostruisce con maestria un'epoca, un'atmosfera; e una sensibilità che ci appare straordinariamente moderna.

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Ci si immagina che in un'estate del 1804 il poeta Heinrich von Kleist e la, a me sin qui sconosciuta, poetessa Karoline von Günderrode si incontrino e sì, insomma, si vogliano senza volersi, o non si vogliano volendosi, o qualsivoglia altro polittoto michelangiolesco. Sotto la superficie della storia dei due poeti si nasconde però una imponente riflessione sulla letteratura. Le tre voci in campo, quella narrante e quelle dei due poeti, sono alternate senza che ci venga donato alcun segno grafico per capire quando avviene il passaggio dall'una all'altra. Il richiamo è certamente a Faulkner, anche se qui ci troviamo di fronte ad un esperimento sostanzialmente più accessibile di un "The Sound and the Fury". L'obiettivo, credo, è quello di dare voce ai sentimenti interiori di due animi romantici, delusi tanto dalla malinconica esperienza personale quanto dall'esperienza collettiva di un sistema politico insoddisfacente (quello della Germania divisa in tanti microstati) che sembra ineluttabilmente destinato a peggiorare con le conquiste di Napoleone (un francese, dio mio!). Ma questi due animi, proprio in quanto romantici, non si eran già espressi in cotal maniera nei loro versi? È appunto qui che la Wolf vuole giocare: l'espressione dell'io di un romantico, per quanto geniale, è per forza di cose legata a degli stereotipi per cui l'amore dev'essere potentemente sublime e sublimemente potente; e la scrittrice tedesca se ne vuole sbarazzare di questi stereotipi, o quantomeno vuole indagarli più da vicino, più dal profondo, con psicanalitico animo moderno, post-Freud, post-Jung, post-Lacan, ma anche post-Pirandello, post-Proust e post-Borges. Enorme riflessione sulla letteratura, dicevo, perché è il continuo contrasto fra romantico e (post?) moderno ad apparire come soggetto ultimo della riflessione e l'unica voce delle tre voci, in questo senso, funge da trait d'union tra i diversi spiriti, che in fondo non possono far altro che essere nulla più e nulla meno che degli umani. Metaletterario quindi, ma non metatestuale, si faccia attenzione. Che nessuno si aspetti qualcosa alla John Barth, quelle cose tanto di moda negli ultimi anni. La Wolf ne è del tutto indifferente. La prima metà del libro ha forse dei momenti eccessivamente esornativi, non troppo lunghi ma un po' noiosi. La seconda parte è invece una pura meraviglia; si arriva al confronto diretto tra le due anime in pena e la riflessione che ne scaturisce è una temeraria meditazione sul significato ultimo della nostra esistenza. Non ci sarà data, ovviamente, alcuna conclusione concreta, ma la fascinazione che deriva da questi brevi lampi è davvero una gran cosa.

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