A ottant'anni dalla sua pubblicazione e a cinquanta dalla morte del suo autore, Viaggio al termine della notte si impone come il romanzo che ha saputo meglio capire e rappresentare il Novecento, illuminandone con provocatoria originalità espressiva gli aspetti fondamentali. «Céline è stato creato da Dio per dare scandalo», scrisse Bernanos quando nel 1932 il romanzo diventò un successo mondiale, suscitando entusiasmi e contrasti feroci. Lo «scandalo Céline», che dura tuttora, è la profetica lucidità del suo delirio, uno sguardo che nulla perdona a sé e agli altri, che ha il coraggio di affrontare la notte dell'uomo così com'è. L'anarchico Céline, che amava definirsi un cronista, aveva vissuto le esperienze più drammatiche: gli orrori della Grande Guerra e le trincee delle Fiandre, la vita godereccia delle retrovie e l'ascesa di una piccola borghesia cinica e faccendiera, le durezze dell'Africa coloniale, la New York della «folla solitaria», le catene di montaggio della Ford a Detroit, la Parigi delle periferie più desolate dove lui faceva il medico dei poveri, a contatto con una miseria morale prima ancora che materiale. Totalmente nuovo, nel panorama francese ed europeo, è stato poi il suo modo insieme realistico e visionario, sofisticato e plebeo con cui Céline ha sputo trasfigurare questa materia incandescente. Per lui, in principio, è l'emozione, il sentimento della vita: di qui l'invenzione di un linguaggio che ha tutta l'immediatezza del «parlato» quotidiano, capace di dar voce, tra sarcasmi e pietà, alla tragicommedia di un secolo.