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E intanto, mentre non c'eri...

Michela L.


Huckelberry Finn
Oltre un mese fa, 28-08-2024
I nomi epiceni
Amélie Nothomb

"Non gli passa. È difficile che la collera passi. Esiste il verbo incollerirsi, far montare dentro di sé la collera, ma non il suo contrario. P [...]

Michela L.


Huckelberry Finn
Oltre un mese fa, 05-04-2024
La zona d'interesse
Martin Amis

"pensavo, come ha potuto «un sonnolento paese di poeti e sognatori», e la più colta e raffinata nazione che il mondo avesse mai visto, come ha [...]

Michela L.


Huckelberry Finn
Oltre un mese fa, 05-02-2024
Il libro delle sorelle
Amélie Nothomb

"Tu che adori la letteratura non hai voglia di scrivere? - Adoro anche il vino, ma non per questo ho voglia di coltivare la vigna."

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Wu Ming

Altai

Voto medio della comunità Lìberos
Recensioni (2)
Inserito il 20-03-2014 da JohnGrady
Aggiornato il 12-11-2022 da Maria Agostina
Disponibile in 13 librerie
Inserito il 20-03-2014 da JohnGrady
Aggiornato il 12-11-2022 da Maria Agostina
Disponibile in 13 librerie

«Che segno è quando un arcobaleno appare, non c'è stata pioggia e l'aria è secca e tersa?
È quando la terra sta per tremare, e il mondo intero vacilla».

Quindici anni dopo l'epilogo di Q.
Venezia, Anno Domini 1569. Un boato scuote la notte, il cielo è rosso e grava sulla laguna: è l'Arsenale che va a fuoco, si apre la caccia al colpevole. Un agente della Serenissima fugge verso oriente, smarrito, «l'anima rigirata come un paio di brache». Costantinopoli sarà l'approdo. Sulla vetta della potenza ottomana conoscerà Giuseppe Nasi, nemico e spauracchio d'Europa, potente giudeo che dal Bosforo lancia una sfida al mondo e a due millenni di oppressione.
Intanto, ai confini dell'impero, un altro uomo si mette in viaggio, per l'ultimo appuntamento con la Storia. Porta al collo una moneta, ricordo del Regno dei Folli.
Echi di rivolte, intrighi, scontri di civiltà. Nuove macchine scatenano forze inattese, incalzano il tempo e lo fanno sbandare. Nicosia, Famagosta, Lepanto: uomini e navi corrono verso lo scontro finale.
Wu Ming, il collettivo di scrittori che al suo esordio si firmò «Luther Blissett», torna nel mondo del suo primo romanzo.

«Molti credono che il Signore disperse le lingue degli uomini per punirli, ma è l'esatto contrario. Egli vide che l'uniformità li rendeva superbi, dediti a imprese tanto eccessive quanto inutili. Allora si rese conto che l'umanità aveva bisogno di un correttivo e ci fece dono delle differenze.
Cosí i muratori, di costumi e fedi diversi, devono trovare un modus vivendi che consenta di portare a termine l'edificio».

«- Tu hai mai avuto un sogno, Manuel?
La risposta uscí come un singulto.
- Sí, non essere giudeo. Fu mio padre ad avverarlo.
- Ti capisco piú di quanto non immagini. Perché rimanere deboli quando si può diventare forti?
Ma io non mi accontento di trasformare me stesso. Voglio trasformare un popolo. Da debole a forte. Da diviso a unito. Da ospite mal sopportato a padrone del proprio destino. Da fuggiasco a protettore di chi fugge. Sono millecinquecento anni che scappiamo. È giunto il momento di fermarci».

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Recensioni

Cristiano

Premessa: Altai non è Q, ma d'altronde neanche io sono la stessa persona che ha letto Q. Avevo 20 anni allora e, per un ventenne esistono ancora miti inarrivabili. Ora di anni ne ho 30 e i miti inarrivabili non esistono più: le cose si analizzano in modo più attento e critico e i facili entusiasmi sono molto rari, non si tratta di aridità ma di maturità, la capacità di riconoscere le cose belle esiste ancora e Altai è proprio questo: un bellissimo romanzo.

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JohnGrady

Dieci anni dopo "Q", e quindici anni dopo "Q". Eppure non è a Q che sto pensando, a lettura finita, ma a Manituana e a Stella del Mattino. Chi si aspetta un semplice ritorno "sul luogo del delitto" a dieci anni dall'uscita del romanzo che ha dato il via a tutto quanto, resterà probabilmente deluso. Resterà deluso chi si aspetta questo, e resterà deluso chi SPERA questo, per poi magari poter dire: ve l'avevo detto. Altai vive bene da solo e prosegue rigorosamente la svolta poetica del collettivo. Il nodo cruciale delle storie da raccontare passa attraverso un modo di raccontarle che è allo stesso tempo semplice e piano, complesso e spiazzante. Libro di eventi e di idee, di passione e di orrore. Libro del fare contrapposto all'attendere. Queste sono le sensazioni, che non posso spiegare meglio di così perché mi mancano le parole per farlo. Posso però includere delle note a margine e cercare di spiegarmi con quelle. Tra le diverse parti del romanzo, quelle che ho amato durante la lettura. La famiglia di Ismail, unita nelle differenze e vero schiaffo al concetto di "famiglia" da cui siamo bombardati quotidianamente. La presenza ricorrente di "grandi vecchi" in puro NIE. Dana e il suo albero di carrubo. I dialoghi con Manuel sono le parti del libro che ho apprezzato di più, inizialmente, prima di leggere di Famagosta e Lepanto. L'amore raccontato, anche carnalmente, colpisce nervi scoperti. Famagosta: ho pensato ad alcune parti di Stella del Mattino. Rovesciate di segno. In generale, un romanzo denso nonostante i capitoli brevi, che lasciano il tempo di respirare tra un evento e l'altro. Meno pagine rispetto agli altri romanzi collettivi, e forse per questo frutto di un lavoro ancora maggiore di limatura e scelte che si percepisce molto chiaramente. Insomma, io dieci anni dopo Q sono ancora qua, e Wu Ming anche. Ed è già qualcosa. Magari capirò anche, prima o poi, se sono un fiume che si getta nel deserto, o un fiume che evapora per piovere sui monti. Ma il mio deserto personale certi libri e certi fiumi non li farà mai seccare.

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Editore: Einaudi

Lingua: Italiano

Numero di pagine: 413

Formato: (DATO NON PRESENTE)

ISBN-10: 8806198963

ISBN-13: 9788806198961

Data di pubblicazione: 2009

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Wu Ming

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«Che segno è quando un arcobaleno appare, non c'è stata pioggia e l'aria è secca e tersa?
È quando la terra sta per tremare, e il mondo intero vacilla».

Quindici anni dopo l'epilogo di Q.
Venezia, Anno Domini 1569. Un boato scuote la notte, il cielo è rosso e grava sulla laguna: è l'Arsenale che va a fuoco, si apre la caccia al colpevole. Un agente della Serenissima fugge verso oriente, smarrito, «l'anima rigirata come un paio di brache». Costantinopoli sarà l'approdo. Sulla vetta della potenza ottomana conoscerà Giuseppe Nasi, nemico e spauracchio d'Europa, potente giudeo che dal Bosforo lancia una sfida al mondo e a due millenni di oppressione.
Intanto, ai confini dell'impero, un altro uomo si mette in viaggio, per l'ultimo appuntamento con la Storia. Porta al collo una moneta, ricordo del Regno dei Folli.
Echi di rivolte, intrighi, scontri di civiltà. Nuove macchine scatenano forze inattese, incalzano il tempo e lo fanno sbandare. Nicosia, Famagosta, Lepanto: uomini e navi corrono verso lo scontro finale.
Wu Ming, il collettivo di scrittori che al suo esordio si firmò «Luther Blissett», torna nel mondo del suo primo romanzo.

«Molti credono che il Signore disperse le lingue degli uomini per punirli, ma è l'esatto contrario. Egli vide che l'uniformità li rendeva superbi, dediti a imprese tanto eccessive quanto inutili. Allora si rese conto che l'umanità aveva bisogno di un correttivo e ci fece dono delle differenze.
Cosí i muratori, di costumi e fedi diversi, devono trovare un modus vivendi che consenta di portare a termine l'edificio».

«- Tu hai mai avuto un sogno, Manuel?
La risposta uscí come un singulto.
- Sí, non essere giudeo. Fu mio padre ad avverarlo.
- Ti capisco piú di quanto non immagini. Perché rimanere deboli quando si può diventare forti?
Ma io non mi accontento di trasformare me stesso. Voglio trasformare un popolo. Da debole a forte. Da diviso a unito. Da ospite mal sopportato a padrone del proprio destino. Da fuggiasco a protettore di chi fugge. Sono millecinquecento anni che scappiamo. È giunto il momento di fermarci».

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Dieci anni dopo "Q", e quindici anni dopo "Q". Eppure non è a Q che sto pensando, a lettura finita, ma a Manituana e a Stella del Mattino. Chi si aspetta un semplice ritorno "sul luogo del delitto" a dieci anni dall'uscita del romanzo che ha dato il via a tutto quanto, resterà probabilmente deluso. Resterà deluso chi si aspetta questo, e resterà deluso chi SPERA questo, per poi magari poter dire: ve l'avevo detto. Altai vive bene da solo e prosegue rigorosamente la svolta poetica del collettivo. Il nodo cruciale delle storie da raccontare passa attraverso un modo di raccontarle che è allo stesso tempo semplice e piano, complesso e spiazzante. Libro di eventi e di idee, di passione e di orrore. Libro del fare contrapposto all'attendere. Queste sono le sensazioni, che non posso spiegare meglio di così perché mi mancano le parole per farlo. Posso però includere delle note a margine e cercare di spiegarmi con quelle. Tra le diverse parti del romanzo, quelle che ho amato durante la lettura. La famiglia di Ismail, unita nelle differenze e vero schiaffo al concetto di "famiglia" da cui siamo bombardati quotidianamente. La presenza ricorrente di "grandi vecchi" in puro NIE. Dana e il suo albero di carrubo. I dialoghi con Manuel sono le parti del libro che ho apprezzato di più, inizialmente, prima di leggere di Famagosta e Lepanto. L'amore raccontato, anche carnalmente, colpisce nervi scoperti. Famagosta: ho pensato ad alcune parti di Stella del Mattino. Rovesciate di segno. In generale, un romanzo denso nonostante i capitoli brevi, che lasciano il tempo di respirare tra un evento e l'altro. Meno pagine rispetto agli altri romanzi collettivi, e forse per questo frutto di un lavoro ancora maggiore di limatura e scelte che si percepisce molto chiaramente. Insomma, io dieci anni dopo Q sono ancora qua, e Wu Ming anche. Ed è già qualcosa. Magari capirò anche, prima o poi, se sono un fiume che si getta nel deserto, o un fiume che evapora per piovere sui monti. Ma il mio deserto personale certi libri e certi fiumi non li farà mai seccare.

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