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Giovanni Floris

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Da quanto tempo aspettiamo il futuro? E soprattutto, quando abbiamo dimenticato come si fa a costruirlo? Sono le vere domande del nostro presente, e la classe dirigente che per decenni (non) ha governato il Paese le ha ignorate a suo rischio e pericolo, una volta di troppo. Non è da ieri che il dibattito pubblico si avvita su se stesso nell’ossessione di domande specifiche quanto sterili: Imu o non Imu? Intercettazioni sì o intercettazioni no? Ma non sono questi i reali problemi. Oggi che siamo reduci da un diluvio che ha cambiato radicalmente il panorama politico, oggi che siamo nel pieno della traversata nel deserto della crisi, il vero quesito non può che essere: che cosa resta? In quali valori vogliamo ancora credere e soprattutto in quali vogliamo che credano coloro che ci rappresentano? Giovanni Floris, in questo libro battagliero, appassionato, che coniuga con particolare forza dialettica la protesta e la proposta, elenca cinque di questi capisaldi. L’apertura, la laicità, la competitività, la ricchezza, il rigore: obiettivi che non possiamo, a nessun costo, mancare. Ma a che prezzo? Perché ognuna di queste conquiste ha un costo, osserva Floris, smascherando le ipocrisie di chi (da destra a sinistra, dalle imprese ai sindacati) finora ha predicato il futuro ma non si è voluto sporcare le mani per costruirlo. Dalle battaglie sul lavoro al destino dell’informazione, dalle trappole della sicurezza al dilemma della giustizia sociale, Floris traccia un’ampia panoramica che abbraccia casi della storia e accidenti della cronaca, alla ricerca dei valori perduti, ma che covano immutati sotto le ceneri del nostro sistema distrutto. Ora, conclude, le cose possono cambiare. Ora abbiamo il diritto di pretendere che si ricostruisca sulle giuste pietre angolari la società che vogliamo. Ma anche il dovere di chinarci sulle macerie e mettere mano al futuro.

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Editore: Rizzoli

Lingua: (DATO NON PRESENTE)

Numero di pagine: 180

Formato: BOOK

ISBN-10: 8858644255

ISBN-13: 9788858644256

Data di pubblicazione: 2013

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Da quanto tempo aspettiamo il futuro? E soprattutto, quando abbiamo dimenticato come si fa a costruirlo? Sono le vere domande del nostro presente, e la classe dirigente che per decenni (non) ha governato il Paese le ha ignorate a suo rischio e pericolo, una volta di troppo. Non è da ieri che il dibattito pubblico si avvita su se stesso nell’ossessione di domande specifiche quanto sterili: Imu o non Imu? Intercettazioni sì o intercettazioni no? Ma non sono questi i reali problemi. Oggi che siamo reduci da un diluvio che ha cambiato radicalmente il panorama politico, oggi che siamo nel pieno della traversata nel deserto della crisi, il vero quesito non può che essere: che cosa resta? In quali valori vogliamo ancora credere e soprattutto in quali vogliamo che credano coloro che ci rappresentano? Giovanni Floris, in questo libro battagliero, appassionato, che coniuga con particolare forza dialettica la protesta e la proposta, elenca cinque di questi capisaldi. L’apertura, la laicità, la competitività, la ricchezza, il rigore: obiettivi che non possiamo, a nessun costo, mancare. Ma a che prezzo? Perché ognuna di queste conquiste ha un costo, osserva Floris, smascherando le ipocrisie di chi (da destra a sinistra, dalle imprese ai sindacati) finora ha predicato il futuro ma non si è voluto sporcare le mani per costruirlo. Dalle battaglie sul lavoro al destino dell’informazione, dalle trappole della sicurezza al dilemma della giustizia sociale, Floris traccia un’ampia panoramica che abbraccia casi della storia e accidenti della cronaca, alla ricerca dei valori perduti, ma che covano immutati sotto le ceneri del nostro sistema distrutto. Ora, conclude, le cose possono cambiare. Ora abbiamo il diritto di pretendere che si ricostruisca sulle giuste pietre angolari la società che vogliamo. Ma anche il dovere di chinarci sulle macerie e mettere mano al futuro.

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