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E intanto, mentre non c'eri...

Michela L.


Huckelberry Finn
Oltre un mese fa, 28-08-2024
I nomi epiceni
Amélie Nothomb

"Non gli passa. È difficile che la collera passi. Esiste il verbo incollerirsi, far montare dentro di sé la collera, ma non il suo contrario. P [...]

Michela L.


Huckelberry Finn
Oltre un mese fa, 05-04-2024
La zona d'interesse
Martin Amis

"pensavo, come ha potuto «un sonnolento paese di poeti e sognatori», e la più colta e raffinata nazione che il mondo avesse mai visto, come ha [...]

Michela L.


Huckelberry Finn
Oltre un mese fa, 05-02-2024
Il libro delle sorelle
Amélie Nothomb

"Tu che adori la letteratura non hai voglia di scrivere? - Adoro anche il vino, ma non per questo ho voglia di coltivare la vigna."

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Jeffrey Eugenides

Middlesex

Voto medio della comunità Lìberos
Recensioni (3)
Inserito il 01-04-2015 da Maria Agostina
Aggiornato il 10-11-2022 da Maria Agostina
Disponibile in 8 librerie
Inserito il 01-04-2015 da Maria Agostina
Aggiornato il 10-11-2022 da Maria Agostina
Disponibile in 8 librerie

Calliope Stephanides, detta Callie e poi Cal, è una bambina come le altre, o così crede, ma un giorno scopre che nel suo Dna si nasconde un gene misterioso che attraversa come una colpa tre generazioni della sua famiglia e ora si manifesta in lei. Callie è colpita da un'"eccentricità biologica", che fa di lei un raro ermafrodito. E da qui ha inizio la sua odissea. Un viaggio travagliato nel cuore di un passato che nasconde i segreti del suo destino. Tra furbi imprenditori e ciarlatani, tra sagge donne di casa e improbabili leader religiosi, in un vorticoso alternarsi di matrimoni, nascite e scandali. Dalla Turchia del crollo dell'Impero Ottomano all'America del proibizionismo, dai conflitti razziali alla controcultura, dal Vietnam al Watergate, Jeffrey Eugenides ci restituisce un mondo scintillante e drammatico, in cui il senso del destino e l'eredità familiare si mescolano e si oppongono alla volontà di essere artefici di se stessi, di dar voce ai propri desideri, alla propria sessualità, ai propri sentimenti.

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Recensioni

Cristiano

Quanto è difficile recensire questo romanzo! Quando l'ho chiuso tutto mi era perfettamente chiaro, sapevo cosa scrivere: le emozioni che avevo provato nella lettura erano esposte davanti a me come tanti quadri in una galleria d'arte. Ora però è diverso: ogni volta che cerco di descrivere cosa ho provato durante la lettura, mi accorgo che saltano fuori sempre nuovi dettagli che portano con loro nuove emozioni, nuovi occhi con cui guardare questo straordinario romanzo e che a loro volta svelano particolari che alla prima lettura non avevo colto. E' in questo modo che, recensire questo libro, si è trasformato per me in un intricatissimo labirinto. Eppure questa rete di suggestioni, queste immagini cosi ricche di echi sono supportate da una narrazione di rara chiarezza e tutt'altro che difficile da usufruire. Eugenides è un narratore di classe, che non ha bisogno di stupire con effetti speciali e il suo tono colloquiale e brillante è ampiamente sufficiente per aprire interi oceani emotivi nell'animo del lettore. Davanti agli occhi lettore si dispiega, così, senza intoppi, una storia che riesce ad essere allo stesso tempo epica e personale che, attraverso le vicende della famiglia Stephanides e la voce del suo membro più "particolare", Calliope altrimenti detta "Cal", ci insegna una lezione fondamentale: l'unica via per salvarci è contrapporre ad un sistema che impone uniformità e omologazione, la nostra storia e la nostra irriducibile "specialità".

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adriana

“Sono nato due volte: bambina, la prima, un giorno di gennaio del 1960 in una Detroit straordinariamente priva di smog, e maschio adolescente, la seconda, nell’agosto del 1974, al pronto soccorso di Petoskey, nel Michigan.” Inizia così la storia di Cal (affetto da una rara forma di ermafroditismo), che narra in prima persona non solo la sua incredibile vicenda, ma la storia di tre generazioni della sua famiglia, a partire dai nonni, sposi fratelli dunque depositari del seme del suo destino, i genitori cugini di secondo grado, sino a se stesso e suo fratello. Tutti noi siamo frutto di chi ci ha preceduto, siamo il risultato non solo genetico, ma anche culturale e psicologico dei nostri avi. L’eredità raccolta da Calliope è gravosa, ma traspare durante la storia l’illusione che Cal abbia accettato la sua difficile “condizione”. Ma non per questo il romanzo è un romanzo triste. L’autore tratta un argomento tanto particolare e tragico con una delicatezza e una pulizia d’animo fuori dall’ordinario, riuscendo a “sdrammatizzarlo” in più di un’occasione. E’ dunque un romanzo sulla diversità, ma non solo la diversità sessuale. La storia della trasformazione di Calliope in Cal va di pari passo con le trasformazioni politiche economiche e sociali di un’America in continuo cambiamento, mettendone in luce le contraddizioni e le follie. “Cominciavo ora a capire qualcosa della normalità, la normalità che non è normale. Non poteva esserlo. Se la normalità fosse stata normale, l’avrebbero lasciata tutti in pace. Si potevano mettere tutti quanti comodi e lasciare che la normalità esprimesse se stessa. Invece le persone – soprattutto i dottori – dubitavano della normalità. Non erano sicuri che la normalità fosse all’altezza della situazione e perciò erano poco inclini a incoraggiarla.”

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Alberto Rossi

Se non ricordo male il sottotitolo del romanzo è “Tentativo poco riuscito di imitazione del Tristram Shandy con qualche spruzzata di autori novecenteschi citati alla cazzo”. La mia prima lettura di Middlesex la feci due anni or sono, la mia seconda l'ho finita poco fa e la sensazione è tutto sommato la stessa: Eugenides è un furbacchione. Scrive guarda caso un romanzone sull'identità sessuale quando imperversano i gender studies; scrive guarda caso un romanzo in cui unisce post-modernità e classicismo (con un tocco lirico) quando si parla di fine del post-moderno. Scrive, però, in un linguaggio tanto elegante quanto noioso: Eugenides tenta la strada del pastiche ma non gli riesce assolutamente. Il suo rapporto con i generi che via via cita (*) potrebbe essere preso come allegoria della discretezza: prima c'è la parte in cui cita i classici, poi quella in cui cita il romanzo inglese settecentesco, poi quella in cui cita il romanzo borghese ottocentesco, poi quella in cui cita il modernismo, poi il post-modernismo e il realismo magico. Tutto costruito come una bella scalinata in cui l'autore accompagna per mano il lettore a cui capita di sentirsi intellettualmente appagato perché sì, è riuscito a riconoscere alcuni dei vari riferimenti, non rendendosi conto che Eugenides glieli sta svendendo in una pratica versione precotta da discount. Il pastiche è TUTT'ALTRO. La seconda metà del romanzo è la sagra della noia. Se la prima parte, con le sue vicende da saga familiare, ha tutto sommato degli aspetti positivi (che sono il motivo per cui non metto una sola stellina) a partire dalla fuga di Cal il valore artistico/estetico dell'operetta moralistica è definibile con un semplice aggettivo: imbarazzante. È imbarazzante la sua ripetitività, è imbarazzante nella storiella insulsa, è imbarazzante per l'illuminazione tardo-hippie, è imbarazzante per il finale adatto a tutte le famiglie. L'apice del ridicolo è raggiunto però dal tentativo di mettere in formato romanzo la doppieza d'identità di un uomo cresciuto come una donna. Un bel giorno Cal si rende conto che tutti i suoi dubbi non erano nulla di fronte alla verità, al fatto di avere qualcosa di convessamente cilindrico in mezzo alle gambe e non la meravigliosa concavità che pensava e a cui io personalmente ambisco. La sua reazione qual è: non mi interessa del mio passato, scappo. Niente più dubbi, niente più profonde riflessioni, niente più di niente. Una reazione che nessun essere umano potrebbe mai avere. Eugenides, sei aria fritta. (*)citare è il verbo che Eugenides usa, riconoscendo il suo grande debito con diversi autori. Non cita mai, fra questi autori, Laurence Sterne, l'autore che ha più “citato”, per usare un eufemismo.

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Editore: Mondadori Oscar

Lingua: Italiano

Numero di pagine: 601

Formato: (DATO NON PRESENTE)

ISBN-10: 880458436X

ISBN-13: 9788804584360

Data di pubblicazione: 2008

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Calliope Stephanides, detta Callie e poi Cal, è una bambina come le altre, o così crede, ma un giorno scopre che nel suo Dna si nasconde un gene misterioso che attraversa come una colpa tre generazioni della sua famiglia e ora si manifesta in lei. Callie è colpita da un'"eccentricità biologica", che fa di lei un raro ermafrodito. E da qui ha inizio la sua odissea. Un viaggio travagliato nel cuore di un passato che nasconde i segreti del suo destino. Tra furbi imprenditori e ciarlatani, tra sagge donne di casa e improbabili leader religiosi, in un vorticoso alternarsi di matrimoni, nascite e scandali. Dalla Turchia del crollo dell'Impero Ottomano all'America del proibizionismo, dai conflitti razziali alla controcultura, dal Vietnam al Watergate, Jeffrey Eugenides ci restituisce un mondo scintillante e drammatico, in cui il senso del destino e l'eredità familiare si mescolano e si oppongono alla volontà di essere artefici di se stessi, di dar voce ai propri desideri, alla propria sessualità, ai propri sentimenti.

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Cristiano

Quanto è difficile recensire questo romanzo! Quando l'ho chiuso tutto mi era perfettamente chiaro, sapevo cosa scrivere: le emozioni che avevo provato nella lettura erano esposte davanti a me come tanti quadri in una galleria d'arte. Ora però è diverso: ogni volta che cerco di descrivere cosa ho provato durante la lettura, mi accorgo che saltano fuori sempre nuovi dettagli che portano con loro nuove emozioni, nuovi occhi con cui guardare questo straordinario romanzo e che a loro volta svelano particolari che alla prima lettura non avevo colto. E' in questo modo che, recensire questo libro, si è trasformato per me in un intricatissimo labirinto. Eppure questa rete di suggestioni, queste immagini cosi ricche di echi sono supportate da una narrazione di rara chiarezza e tutt'altro che difficile da usufruire. Eugenides è un narratore di classe, che non ha bisogno di stupire con effetti speciali e il suo tono colloquiale e brillante è ampiamente sufficiente per aprire interi oceani emotivi nell'animo del lettore. Davanti agli occhi lettore si dispiega, così, senza intoppi, una storia che riesce ad essere allo stesso tempo epica e personale che, attraverso le vicende della famiglia Stephanides e la voce del suo membro più "particolare", Calliope altrimenti detta "Cal", ci insegna una lezione fondamentale: l'unica via per salvarci è contrapporre ad un sistema che impone uniformità e omologazione, la nostra storia e la nostra irriducibile "specialità".

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“Sono nato due volte: bambina, la prima, un giorno di gennaio del 1960 in una Detroit straordinariamente priva di smog, e maschio adolescente, la seconda, nell’agosto del 1974, al pronto soccorso di Petoskey, nel Michigan.” Inizia così la storia di Cal (affetto da una rara forma di ermafroditismo), che narra in prima persona non solo la sua incredibile vicenda, ma la storia di tre generazioni della sua famiglia, a partire dai nonni, sposi fratelli dunque depositari del seme del suo destino, i genitori cugini di secondo grado, sino a se stesso e suo fratello. Tutti noi siamo frutto di chi ci ha preceduto, siamo il risultato non solo genetico, ma anche culturale e psicologico dei nostri avi. L’eredità raccolta da Calliope è gravosa, ma traspare durante la storia l’illusione che Cal abbia accettato la sua difficile “condizione”. Ma non per questo il romanzo è un romanzo triste. L’autore tratta un argomento tanto particolare e tragico con una delicatezza e una pulizia d’animo fuori dall’ordinario, riuscendo a “sdrammatizzarlo” in più di un’occasione. E’ dunque un romanzo sulla diversità, ma non solo la diversità sessuale. La storia della trasformazione di Calliope in Cal va di pari passo con le trasformazioni politiche economiche e sociali di un’America in continuo cambiamento, mettendone in luce le contraddizioni e le follie. “Cominciavo ora a capire qualcosa della normalità, la normalità che non è normale. Non poteva esserlo. Se la normalità fosse stata normale, l’avrebbero lasciata tutti in pace. Si potevano mettere tutti quanti comodi e lasciare che la normalità esprimesse se stessa. Invece le persone – soprattutto i dottori – dubitavano della normalità. Non erano sicuri che la normalità fosse all’altezza della situazione e perciò erano poco inclini a incoraggiarla.”

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