E quarantadue! Chi lo avrebbe mai detto che, nonostante il grave handicap motorio di cui sono affetto da anni, sarei arrivato a toccare un simile traguardo, anche se per la parte esecutiva ciò è stato possibile solo grazie all'aiuto di validi volontari. Ero partito, quasi in sordina, con sole due favole di Esopo e Fedro trascritte liberamente dalla prosa in versi rimati. Poi, anche motivato dal buon giudizio avuto da alcuni assidui navigatori della rete che avevano avuto modo di leggerle dopo che le avevo postate su Facebook, sono passato a dieci, quindi a venti, trenta e infine a quarantadue. E qui mi fermo. Sono davvero esausto. Anche perché penso di avere raccolto il meglio della produzione letteraria dei due grandi favolisti. E che dire della parte tecnica? I versi scorrono fluidi, orecchiabili, godibili. La rima adottata è quella definita ricca o piena, la stessa – e perdonatemi l'accostamento – dell'Alighieri, del Petrarca e dei massimi rimatori susseguitosi nei secoli passati. Naturalmente le favole qui riprodotte comprendono correzioni e piccoli rifacimenti rispetto a quelle contenute in libri precedenti. È questa la lezione ultima e quindi ufficiale.