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E intanto, mentre non c'eri...

Michela L.


Huckelberry Finn
Oltre un mese fa, 28-08-2024
I nomi epiceni
Amélie Nothomb

"Non gli passa. È difficile che la collera passi. Esiste il verbo incollerirsi, far montare dentro di sé la collera, ma non il suo contrario. P [...]

Michela L.


Huckelberry Finn
Oltre un mese fa, 05-04-2024
La zona d'interesse
Martin Amis

"pensavo, come ha potuto «un sonnolento paese di poeti e sognatori», e la più colta e raffinata nazione che il mondo avesse mai visto, come ha [...]

Michela L.


Huckelberry Finn
Oltre un mese fa, 05-02-2024
Il libro delle sorelle
Amélie Nothomb

"Tu che adori la letteratura non hai voglia di scrivere? - Adoro anche il vino, ma non per questo ho voglia di coltivare la vigna."

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James Graham Ballard

Ora: zero

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Inserito il 17-03-2021 da
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“Dura sentenza in vita – ma forse anche in morte – essere uno zero. Nessun riconoscimento, nessun apprezzamento, nessun emolumento. La condizione umana dello zero è la condanna terminale alla non-entità, peggio ancora, alla non-esistenza. Precisamente la condanna inflitta all’io narrante di questo folgorante ‘low blow’, colpo basso – basso in tutti i sensi – che, fino dalle primissime righe, si erge con un escamotage narrativo classico, ma ugualmente folgorante. Un impiegato quintessenziale, un’azienda qualunque, un luogo qualsiasi. Niente di più standard, in fondo, nulla di più banale. Fino a quando l’impiegato quintessenziale non scopre, quasi suo malgrado, di possedere il potere estremo. Esatto: vita, morte. Al nostro (non)eroe basta scrivere una storia, un racconto, un aneddoto, appena poche righe, in cui descrive la dipartita di qualcuno. E quel qualcuno, come per uno scherzo dal fato, scherzo tanto ironico quanto macabro, ebbene qual qualcuno tira effettivamente le cuoia. Eccolo, quindi, il potere estremo. Per primo viene Rankin, quel fin troppo detestabile capufficio, così sgradevole e sgarbato verso il nostro (non)eroe. Poi tocca a Carter, collega infausto e infame. Dopo di che viene il turno cimiteriale di Jacobsen: ma andiamo, non poi questa gran perdita aziendale. In un simile eccesso di decesso, be’ non è poi così insensato che la polizia venga a fare quanto meno qualche domanda. Nemmeno è così sorprendente che le tetre genialità letterarie del nostro (non)eroe finiscano con l’emergere. Provando però che cosa? Astio tra colleghi? Risentimenti tra gerarchie? Nulla, meno di nulla, dal punto di vista giudiziario. Anche perché nessuno è in grado di dire quando scoccherà la sua, di fatidica ora zero... Da J.G. Ballard, l’iconico, monumentale mostro sacro che ha eseguito ogni più impietosa radiografia ante-litteram della (in)umana demenza omicida e suicida, una acre divertissement al nero – in pieno stile Edgar Allan Poe – che getta in profetica berlina tutte le contraddizioni del posto più iconico di tutti: il posto di lavoro. Per cui, la prossima volta che vi sedete nella vostra (s)comoda poltroncina professionale, fate molta, moltissima attenzione a chi pestate i piedi.” (Alan D. Altieri) Tratto da “Tutti i racconti. Volume I”, pubblicato da Feltrinelli. Numero di caratteri: 29.553

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Editore: Feltrinelli Editore

Lingua: (DATO NON PRESENTE)

Numero di pagine: 23

Formato: BOOK

ISBN-10: 8858854446

ISBN-13: 9788858854440

Data di pubblicazione: 2015

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“Dura sentenza in vita – ma forse anche in morte – essere uno zero. Nessun riconoscimento, nessun apprezzamento, nessun emolumento. La condizione umana dello zero è la condanna terminale alla non-entità, peggio ancora, alla non-esistenza. Precisamente la condanna inflitta all’io narrante di questo folgorante ‘low blow’, colpo basso – basso in tutti i sensi – che, fino dalle primissime righe, si erge con un escamotage narrativo classico, ma ugualmente folgorante. Un impiegato quintessenziale, un’azienda qualunque, un luogo qualsiasi. Niente di più standard, in fondo, nulla di più banale. Fino a quando l’impiegato quintessenziale non scopre, quasi suo malgrado, di possedere il potere estremo. Esatto: vita, morte. Al nostro (non)eroe basta scrivere una storia, un racconto, un aneddoto, appena poche righe, in cui descrive la dipartita di qualcuno. E quel qualcuno, come per uno scherzo dal fato, scherzo tanto ironico quanto macabro, ebbene qual qualcuno tira effettivamente le cuoia. Eccolo, quindi, il potere estremo. Per primo viene Rankin, quel fin troppo detestabile capufficio, così sgradevole e sgarbato verso il nostro (non)eroe. Poi tocca a Carter, collega infausto e infame. Dopo di che viene il turno cimiteriale di Jacobsen: ma andiamo, non poi questa gran perdita aziendale. In un simile eccesso di decesso, be’ non è poi così insensato che la polizia venga a fare quanto meno qualche domanda. Nemmeno è così sorprendente che le tetre genialità letterarie del nostro (non)eroe finiscano con l’emergere. Provando però che cosa? Astio tra colleghi? Risentimenti tra gerarchie? Nulla, meno di nulla, dal punto di vista giudiziario. Anche perché nessuno è in grado di dire quando scoccherà la sua, di fatidica ora zero... Da J.G. Ballard, l’iconico, monumentale mostro sacro che ha eseguito ogni più impietosa radiografia ante-litteram della (in)umana demenza omicida e suicida, una acre divertissement al nero – in pieno stile Edgar Allan Poe – che getta in profetica berlina tutte le contraddizioni del posto più iconico di tutti: il posto di lavoro. Per cui, la prossima volta che vi sedete nella vostra (s)comoda poltroncina professionale, fate molta, moltissima attenzione a chi pestate i piedi.” (Alan D. Altieri) Tratto da “Tutti i racconti. Volume I”, pubblicato da Feltrinelli. Numero di caratteri: 29.553

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