La Cina e gli Stati Uniti sono in guerra. I fronti aperti riguardano il digitale e l’ambiente, su cui si concentrano gli investimenti di tutti gli attori globali. Il territorio che deciderà il destino di questo secolo è la tecnologia. Una nuova guerra fredda? La lotta per il dominio del XXI secolo avanza con un ritmo vertiginoso. La pandemia ha svelato fratture che esistevano già. Il mercato mondiale colpito dal virus è fatto di asimmetrie, differenze, resistenze. E questi conflitti rivelano l’intreccio labirintico che lega la politica al capitalismo: dall’uso politico del commercio, della finanza e soprattutto della tecnologia, alle sanzioni come prosecuzione o sostituzione della guerra con nuovi mezzi. Tutto quest’armamentario non è nuovo. Ma è nuova la velocità con la quale gli eventi possono precipitare fra le due grandi potenze di questo secolo. La transizione digitale e la transizione ecologica, spiega Alessandro Aresu, non riguardano solo lo sviluppo economico e la salvaguardia del pianeta, ma vivono di una dimensione geopolitica che spesso ignoriamo. E che scopriamo all’improvviso quando non riusciamo a ordinare uno smartphone per la carenza dei semiconduttori o quando il prezzo dei materiali sale alle stelle. I principali protagonisti della guerra tecnologica sono Stati Uniti e la Cina con le loro imprese, ma i conflitti influenzano necessariamente gli altri, a partire dall’Europa. La guerra tecnologica chiama in causa la sua dimensione sociale, perché ogni tecnologia è prima di tutto un prodotto umano. Il vincitore di questi fronti deciderà il nostro futuro. Oggi il mondo non è destinato alla guerra, ma è certamente preparato alla guerra.