Barrøy, una delle tante isolette a sud delle Lofoten, è nei primi decenni del Novecento il piccolo regno di una sola famiglia, che dell'isola porta il nome e in cui convivono tre generazioni. È in questo luogo fatto di periodici silenzi e di onnipresenti orizzonti, «la cosa più importante che hanno quassù», che cresce Ingrid Barrøy, ultima nata di una stirpe abituata a una vita poco più che di sussistenza. Scarsa terra da coltivare, qualche pascolo per le pecore, la torba da cavare, la pesca: queste sono le risorse messe a frutto con caparbietà da suo padre Hans e dal vecchio nonno Martin, tra ondate di neve e uragani, mentre la divisione dei ruoli impone che la madre, forte e «dallo sguardo obliquo, perché viene da un'altra isola», e la zia Barbro si occupino di rammendare le reti, pulire le piume e raccogliere le uova di edredone. Intanto Ingrid coltiva la sua accesa sensibilità di bambina, si lascia scivolare su pavimenti di ghiaccio affascinata dalle profondità marine sotto i suoi piedi e impara dal padre il coraggio: mai avere paura del mare in tempesta, perché un'isola non affonda mai, «è salda ed eterna». E se il mare è la strada che tutti loro ogni tanto prendono, qualcuno addirittura per scappare, «un'isola trattiene quello che ha, con tutte le sue forze», e a Barrøy si torna sempre. In una prosa calibrata, dove le emozioni trapelano come i tanti segreti che ha un'isola, Roy Jacobsen narra la saga di una famiglia che, ai margini della Storia e immersa nella grandiosa semplicità della natura, resiste alla modernità finché un equilibrio si spezza. E il nuovo molo voluto da Hans, sottraendo i Barrøy all'isolamento, diventa il simbolo concreto di un'era sul punto di scomparire.