Alvise Terranova non ha grandi sogni nel cassetto; dopo il ritorno nella sua Carloforte, in seguito al trasferimento da Genova, in questo momento il suo più grande desiderio è poter festeggiare il proprio compleanno con una buona bottiglia di Capichera vendemmia tardiva, un piatto di spaghetti olio, pomodoro e peperoncino, la musica di Tom Waits in sottofondo, e la compagnia di Elisabetta, un antico amore mai dimenticato a cui però non riesce a dichiararsi. Non sembra un sogno così irraggiungibile, visto che mancano tre giorni e che al commissariato non capita mai nulla, se non si considerano le incessanti telefonate di un contadino che denuncia la scomparsa di sette galline. Ed è proprio quando Alvise pensa che tutto sia tranquillo e di potersi dedicare all’invito a Elisabetta che arriva il morto. Appena fuori Carloforte, in una caletta bellissima e quasi incontaminata, stanno costruendo un albergo di lusso, il Baia d’Argento, un resort con tutti i possibili comfort, incubo degli ambientalisti della
zona, e proprio lì, nel cantiere che due giorni dopo sarebbe stato messo sotto sequestro, viene trovato il corpo di un uomo, senza documenti e reso irriconoscibile dal crollo di un muro.
Potrebbe essere il classico caso di morte bianca, se non fosse che il muro che gli è crollato addosso la sera prima, all’orario di chiusura, era in perfetto stato e che non ci sono tracce di macchinari nelle sue vicinanze. Inoltre, sotto la mano della vittima, è stato scritto un 6 che fa pensare al commissario a un messaggio lasciato dall’uomo prima di morire. Una volta scoperta l’identità del morto, un uomo molto amato nella zona, Alvise indaga sul gruppo di ambientalisti che ha voluto bloccare il cantiere e sulla vita familiare della vittima, non priva di scheletri. Ma la soluzione, come sempre nei casi che segue il commissario Terranova, si nasconde in un dettaglio che lui è l’unico a vedere.