«Perché l'ha fatto?» Ce lo chiediamo spesso davanti a delitti particolarmente feroci, specie quando sono immotivati e dunque ci appaiono ancora più incomprensibili. L'istinto ci porta a credere che il male sia frutto della follia o di un raptus omicida, perché questo pensiero ci tranquillizza, ci allontana da un timore molto più profondo. E cioè che esistono persone malvagie.
Invece, non tutto si può attribuire a una mente malata, a patologie della psiche o a una brusca perdita dell'autocontrollo. Anzi, ogni azione violenta, anche quella che sembra più improvvisa, è sempre la conseguenza di ciò che è andato costruendosi nel tempo.
Ce lo dimostra Stefano Nazzi in questa raccolta di storie inquietanti. Con una prosa serrata e coinvolgente, ci racconta le vicende di dieci persone che hanno fatto il male e ben lo rappresentano: uomini e donne di età diverse, che in Italia si sono resi colpevoli di delitti efferati, spesso con moventi inesistenti. Dai più noti, come Nicola Sapone delle Bestie di Satana o Luigi Chiatti, il Mostro di Foligno, a nomi meno conosciuti, come il serial killer Gianfranco Stevanin, il «Cherubino nero» Roberto Succo o, ancora, le tre ragazze che a Chiavenna uccisero senza motivo una suora.
Nazzi ci racconta com'erano e come sono diventati dei «mostri», spesso senza che nessuno intorno a loro sospettasse quello che stava accadendo. E ci racconta anche ciò che è successo dopo: qualcuno ha continuato a uccidere, altri hanno voluto scomparire; c'è chi ancora non si è reso pienamente conto del dolore che ha provocato e chi continua a proclamarsi innocente.
Nessuno può sapere da dove nasca il male, o perché questi assassini abbiano fatto ciò che hanno fatto. Quel che è certo, è che il male è come un sasso lanciato in uno stagno: si allarga in cerchi concentrici, causando dolore alla vittima e a tutti quelli attorno a lei. Ma, a differenza di quelli nell'acqua, «i cerchi del male non spariscono dopo pochi secondi. Durano a lungo, a volte per sempre».