Carwyn James, gallese, laureato in lettere, e Isidoro Quaglio, rodigino, laureato all'università della strada: due uomini di rugby. Carwyn, un visionario sfuggito alle miniere, giocatore del Llanelli e del Galles, poi allenatore dei British and Irish Lions. Doro, ex corazziere scampato a un'alluvione, giocatore del Rovigo e del Bourgoin, poi allenatore della Nazionale italiana. Carwyn il teorico della libertà, dell'improvvisazione, della creatività, che spingeva i suoi giocatori a pensare, mentre Doro li invitava a fraternizzare. Carwyn che attraverso il rugby insegnava Shakespeare e Milton, e Doro che grazie al rugby esorcizzava povertà ed emarginazione. Carwyn che viveva di arte e poesia, Doro che si nutriva di calore umano. Un giorno si incontrarono a Rovigo, uno in panchina, l'altro ancora in campo, e da allora non si sarebbero più lasciati, neanche quando Carwyn a sorpresa «passò il pallone ovale» - come amano dire i rugbisti -, ovvero passò a miglior vita. Questa è la loro storia, tra mischie chiuse e touche rapide, orazioni negli spogliatoi e bevute nelle osterie, gesti rituali e azioni scaramantiche: una doppia storia ovale, che è anche una dichiarazione d'amore per uno sport che è molto più di uno sport, che è un patrimonio di valori, un'eredità di avventure, una miniera di episodi, un senso di appartenenza.