È sull'orlo dei trent'anni Nina, sta a casa con mamma papà fratello e nonno, il cui odore aspro di malattia le si attacca addosso come un'altra pelle. È sull'orlo di un burrone, ogni giorno, Nina: un lavoro da cementare ancora e un amore finalmente buono da inventare, se solo sapesse come si fa. In fondo, vorrebbe solo dormire e sorridere, e così quando il nonno muore ci prova con lo Zoloft - con lui funzionava - e se lo nasconde in fondo al cassetto delle mutande. Ma è più complicato di così, per lei, per Nina la Balena che, da bambina, accatastava Oro Saiwa, Nastrine e plumcake sotto al banco e che ora, donna, si intestardisce a voler dare un nome alle cose, anche se si rivela puntualmente il nome sbagliato. E allora decide di ricominciare tutto daccapo, vola cade e si rialza. Chiude col passato e va a vivere da sola. E che fa, a quel punto? Pulisce casa, dice. In realtà non la pulisce mai. È più il tempo che passa a letto, o ad aspettare un sms da Andrea o un match su Tinder. Così la depressione diventa pulizia, la morte noia, il desiderio di un figlio un disegno da colorare, la libertà un vibratore a forma di fenicottero e l'amore un transformer. Andrea sfugge e lei cerca di dargli dei contorni. Come quando colora dentro i bordi. Nina si sente sola ma non lo è davvero, ha i soliti chili di troppo che non la mollano mai e quel disperato desiderio di rivendicare un piacere tutto per sé, di fare tutte le altre cose, quelle non da lei. Ci si può liberare di qualcosa che ci sfugge di continuo? E possiamo riuscirci da soli? Silvia Sangriso ci conduce dritti dritti al centro del buco nero di noi stessi con una storia che ci addolora e poi guarisce, in un andirivieni concitato, struggente. Da cui però si può sempre ricominciare