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E intanto, mentre non c'eri...

Maria Agostina


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Il Dottor Živago
Borìs Pasternàk

Durante la lettura è impossibile separare il romanzo dal contesto storico più conosciuto. I personaggi sono dei rappresentanti di oggetti più [...]

Michela L.


Huckelberry Finn
Oltre un mese fa, 28-08-2024
I nomi epiceni
Amélie Nothomb

"Non gli passa. È difficile che la collera passi. Esiste il verbo incollerirsi, far montare dentro di sé la collera, ma non il suo contrario. P [...]

Michela L.


Huckelberry Finn
Oltre un mese fa, 05-04-2024
La zona d'interesse
Martin Amis

"pensavo, come ha potuto «un sonnolento paese di poeti e sognatori», e la più colta e raffinata nazione che il mondo avesse mai visto, come ha [...]

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Georges Perec

La vita istruzioni per l'uso

Voto medio della comunità Lìberos
Recensioni (3)
Inserito il 30-01-2014 da Alberto Rossi
Aggiornato il 30-01-2014 da Alberto Rossi
Disponibile in 13 librerie
Inserito il 30-01-2014 da Alberto Rossi
Aggiornato il 30-01-2014 da Alberto Rossi
Disponibile in 13 librerie

Un puzzle costruito intorno a una casa parigina, con i suoi inquilini, le sue stanze, gli oggetti, le azioni, i ricordi e le fantasticherie. Con un saggio di Italo Calvino e una conversazione di Georges Perec con Gabriel Simony.

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Recensioni

lsanna

Una figata|

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Andrea

Ci sono libri pesanti, che fanno pagare ogni pagina.
Libri gravidanza, quasi sempre, in cui la ricompensa vale la fatica. In questo caso, gravidanza per il lettore, gravidanza di sette anni per l'autore.

Per me, La vie, mode d'emploi è stata un'intera estate di cesello quotidiano dell'occhio, un lento corpo a corpo con il tedio, direbbe il Bibliotecario.

Ricordo la salsedine e la sabbia, i cespugli sotto i quali lo leggevo, il monacale solitario con le parole, l'appoggiare il libro umido più volte per respirare il mare, per riposare la mente dall'enumerazione monotona, dalle descrizioni estenuanti.

Estenuante era forse una parola cara a Georges.
Lui esauriva, consumava, sfibrava lo spazio delle pagine, quello astratto e quello reale, ogni specie di spazi, anche lo spazio degli spazi fra le parole. Esauriva un'idea, navigando gli alberi di ragionamento come un algoritmo pedante. Moltissimo, doveva esaurire anche sè stesso.

Era forse l'ossessione di avere pareti, l'agorafobia della pagina bianca, la paura non del vuoto dentro, ma del vuoto fuori. Dell'illimite-imperfetto, della pressione ridotta che implode.
Fame spietata l'esigenza di esaurire.

Per il giovane Georges, dallo sguardo incredibilmente paziente, contabile e feroce,
questo libro gravidanza doveva rappresentare il Behemoth letterario, il personalissimo leviatano di una (troppo breve) vita dedicata alle liste, alla catalogazione, al cilicio letterario della limitazione oulipiana.

Giocava a scrivere letteratura come un bonsai, nella costrizione: se non che lui era sia pianta che forbici, vita che nasce, ferro che pota, volontà di crescere, vivere, straripare. Ma sempre nel piccolo, nel costipato.
Costruzione si della complessità, della vita, ma in spazi il più chiusi possibile.
Come se si fosse liberi solo quando accettiamo di non esserlo.

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Alberto Rossi

Commento al capitolo LI Il pittore Valène sa anche quel che non può sapere, come se fosse un narratore onnisciente (seppur intradiegetico: compare infatti nel suo stesso quadro). Con una mossa che ricorda un po' il cinegiornale di Quarto potere, Perec riassume in questo breve capitolo tutto il suo libro, capitoli precedenti e capitoli seguenti. Mi stupisce che nelle sue perfette misurazioni matematiche non l'abbia fatto nel capitolo centrale ma in quello immediatamente successivo. Da "allievo" di Queneau, probabilmente apposta per prenderci per il culo.

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Editore: BUR Biblioteca Univ. Rizzoli

Lingua: (DATO NON PRESENTE)

Numero di pagine: 572

Formato: (DATO NON PRESENTE)

ISBN-10: 8817005533

ISBN-13: 9788817005531

Data di pubblicazione: 2005

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Aggiornato il 30-01-2014 da Alberto Rossi
Disponibile in 13 librerie

Un puzzle costruito intorno a una casa parigina, con i suoi inquilini, le sue stanze, gli oggetti, le azioni, i ricordi e le fantasticherie. Con un saggio di Italo Calvino e una conversazione di Georges Perec con Gabriel Simony.

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Andrea

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Libri gravidanza, quasi sempre, in cui la ricompensa vale la fatica. In questo caso, gravidanza per il lettore, gravidanza di sette anni per l'autore.

Per me, La vie, mode d'emploi è stata un'intera estate di cesello quotidiano dell'occhio, un lento corpo a corpo con il tedio, direbbe il Bibliotecario.

Ricordo la salsedine e la sabbia, i cespugli sotto i quali lo leggevo, il monacale solitario con le parole, l'appoggiare il libro umido più volte per respirare il mare, per riposare la mente dall'enumerazione monotona, dalle descrizioni estenuanti.

Estenuante era forse una parola cara a Georges.
Lui esauriva, consumava, sfibrava lo spazio delle pagine, quello astratto e quello reale, ogni specie di spazi, anche lo spazio degli spazi fra le parole. Esauriva un'idea, navigando gli alberi di ragionamento come un algoritmo pedante. Moltissimo, doveva esaurire anche sè stesso.

Era forse l'ossessione di avere pareti, l'agorafobia della pagina bianca, la paura non del vuoto dentro, ma del vuoto fuori. Dell'illimite-imperfetto, della pressione ridotta che implode.
Fame spietata l'esigenza di esaurire.

Per il giovane Georges, dallo sguardo incredibilmente paziente, contabile e feroce,
questo libro gravidanza doveva rappresentare il Behemoth letterario, il personalissimo leviatano di una (troppo breve) vita dedicata alle liste, alla catalogazione, al cilicio letterario della limitazione oulipiana.

Giocava a scrivere letteratura come un bonsai, nella costrizione: se non che lui era sia pianta che forbici, vita che nasce, ferro che pota, volontà di crescere, vivere, straripare. Ma sempre nel piccolo, nel costipato.
Costruzione si della complessità, della vita, ma in spazi il più chiusi possibile.
Come se si fosse liberi solo quando accettiamo di non esserlo.

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Commento al capitolo LI Il pittore Valène sa anche quel che non può sapere, come se fosse un narratore onnisciente (seppur intradiegetico: compare infatti nel suo stesso quadro). Con una mossa che ricorda un po' il cinegiornale di Quarto potere, Perec riassume in questo breve capitolo tutto il suo libro, capitoli precedenti e capitoli seguenti. Mi stupisce che nelle sue perfette misurazioni matematiche non l'abbia fatto nel capitolo centrale ma in quello immediatamente successivo. Da "allievo" di Queneau, probabilmente apposta per prenderci per il culo.

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