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Paolo Maurensig

La variante di Lüneburg

Voto medio della comunità Lìberos
Recensioni (1)
Inserito il 09-11-2014 da pmax
Aggiornato il 09-11-2014 da pmax
Disponibile in 6 librerie
Inserito il 09-11-2014 da pmax
Aggiornato il 09-11-2014 da pmax
Disponibile in 6 librerie

Un colpo di pistola chiude la vita di un ricco imprenditore tedesco. È un incidente? Un suicidio? Un omicidio? L’esecuzione di una sentenza? E per quale colpa? La risposta vera è un’altra: è una mossa di scacchi. Dietro quel gesto si spalanca un inferno che ha la forma di una scacchiera. Risalendo indietro, mossa per mossa, troveremo due maestri del gioco, opposti in tutto, e animati da un odio inesauribile, che attraversano gli anni e i cataclismi politici pensando soprattutto ad affilare le proprie armi per sopraffarsi. Che uno dei due sia ebreo e l’altro sia stato un ufficiale nazista è solo uno dei vari corollari del teorema. Un grande maestro del gioco, Kasparov, disse una volta: «Gli scacchi sono lo sport più violento che esista». Asciutto, lucido, teso, questo romanzo lo conferma con una storia che procede essa stessa come una efferata partita di scacchi – e insieme ci rivela uno scrittore.

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ElisaL

Gli scacchi sono pur sempre un gioco, anche se del tutto particolare, e come in ogni gioco ci deve essere una posta. Più grande sarà il valore di questa e più acuta sarà la tua attenzione. Per certi individui il timore della sconfitta è una ragione sufficiente, ma non tutti hanno l'orgoglio smisurato dell'eroe, non tutti soffrono delle proprie sconfitte con la stessa intensità, e il dolore che provano nel perdere è troppo breve, e viene ben presto dimenticato; del resto, può essere mitigato da innumerevoli scuse, come la distrazione, la stanchezza, l'eccessiva sicurezza nei confronti di un giocatore ritenuto più debole... E poi ci sono i perdenti nati, quelli che dentro di sé covano sempre il disastro." Avrei voluto dirgli che il mio maggior difetto era l'impazienza, ma Tabori non era dello stesso parere. "Il tuo difetto è la disattenzione!", tuonò, pronunciando l'ultima parola come una condanna. Questa volta la citazione iniziale non ha lo scopo di farvi innamorare dello stile, del fraseggio dell'autore o del ritmo che imprime al suo narrare: è semplicemente una condanna pescata tra le pagine e probabilmente rivolta a me, oltre che al personaggio, dallo stesso Maurensig. Ho iniziato questo libro con la testa immersa nel pandoro, con l'attenzione volatile e impalpabile come lo zucchero a velo: il mondo scacchistico imprigionato in griglie numerate e case bicolori non era esattamente il miglior luogo in cui potessi trovarmi. La presenza densa delle mosse e del tempo sospeso tra due eserciti scolpiti all'inizio del libro ha avuto l'effetto di frustrarmi non poco. Mi sentivo bloccata, imprigionata in uno stagno di chiacchiere eterne sugli scacchi e sull'importanza della ponderazione sulle proprie mosse (argomento universale, sì, ma dopo un po' decisamente logorante). Andando avanti, ho scoperto che questo treno apparentemente parcheggiato su binari spezzati iniziava a muoversi. Dapprima c'è stato uno scossone e, prima che mi accorgessi del fischio che annunciava la partenza, il treno era già partito di gran carriera, senza darmi la possibilità di scendere. La trama si apre lucidamente, ti inchioda al libro fino all'ultima pagina. A lettura finita, con un certo sconforto, ho guardato indietro al momento in cui il treno era fermo: e solo allora ho capito di essermi macchiata di disattenzione, uno dei difetti peggiori per un lettore che voglia rendere giustizia a ogni libro iniziato, che sia destinato a diventare il suo preferito o uno dei peggiori mai toccati. La dote dello scacchista maestro, l'Attenzione con la a maiuscola, è la dote che chiunque deve fare propria ogni qualvolta voglia intraprendere un'attività in modo non del tutto vano: se no tanto vale rimanere inebetiti in un angolo a sbuffare. Bisogna dare al libro un'opportunità: male che vada, alla fine avrete gli strumenti per stroncare quello che magari altrove viene definito un successo. La presenza pressante del gioco degli scacchi, così noiosa e pedante in diversi momenti, ha un suo perché: ci fa precipitare in quel ritaglio di tessuto spazio-temporale in cui il giocatore vincente galleggia prima di effettuare una mossa, quello che per lui diventa tutto il suo mondo. E proprio mentre ci ritroviamo a pensare agli scacchisti come a nerd particolarmente noiosi, Maurensig ci spinge sul treno in corsa, fino a farci pentire dei nostri malumori. Vediamo cosa succede se tu diventi lo scacchista, per necessità. Vediamo che succede se alla nudità del legno o dell'acciaio di alfieri e regine aggiungi il calore di un'aorta o lo sguardo spaurito di un condannato a morte. Succede che capisci tutta la metafora che per la prima metà del libro ti ha esasperato, capisci la posta in gioco di quel gioco che - forse - tanto gioco non è. Detto questo, devo ammettere che sebbene la struttura del romanzo sia notevole, lasciando che l'opera si presenti come un giallo inizialmente ma poi evolva come il motivo di un caleidoscopio, la prosa di Maurensig non fa per me. E' vero ciò che dice la quarta di copertina (strano): è uno stile asciutto, lucido e teso. E' diretto e preciso come il passo a L del cavallo, pondera bene le parole e rievoca sensazioni e istinti dando loro un nome preciso quasi come uno scienziato. Ma non mi ha rapita. Soggettivamente posso dire di esser stata colpita dalla trama e dalla struttura sapiente dell'opera, ma di non esser stata ammaliata dalla sua forma.

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Editore: Adelphi

Lingua: (DATO NON PRESENTE)

Numero di pagine: 158

Formato: (DATO NON PRESENTE)

ISBN-10: 8845909840

ISBN-13: 9788845909849

Data di pubblicazione: 1993

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Gli scacchi sono pur sempre un gioco, anche se del tutto particolare, e come in ogni gioco ci deve essere una posta. Più grande sarà il valore di questa e più acuta sarà la tua attenzione. Per certi individui il timore della sconfitta è una ragione sufficiente, ma non tutti hanno l'orgoglio smisurato dell'eroe, non tutti soffrono delle proprie sconfitte con la stessa intensità, e il dolore che provano nel perdere è troppo breve, e viene ben presto dimenticato; del resto, può essere mitigato da innumerevoli scuse, come la distrazione, la stanchezza, l'eccessiva sicurezza nei confronti di un giocatore ritenuto più debole... E poi ci sono i perdenti nati, quelli che dentro di sé covano sempre il disastro." Avrei voluto dirgli che il mio maggior difetto era l'impazienza, ma Tabori non era dello stesso parere. "Il tuo difetto è la disattenzione!", tuonò, pronunciando l'ultima parola come una condanna. Questa volta la citazione iniziale non ha lo scopo di farvi innamorare dello stile, del fraseggio dell'autore o del ritmo che imprime al suo narrare: è semplicemente una condanna pescata tra le pagine e probabilmente rivolta a me, oltre che al personaggio, dallo stesso Maurensig. Ho iniziato questo libro con la testa immersa nel pandoro, con l'attenzione volatile e impalpabile come lo zucchero a velo: il mondo scacchistico imprigionato in griglie numerate e case bicolori non era esattamente il miglior luogo in cui potessi trovarmi. La presenza densa delle mosse e del tempo sospeso tra due eserciti scolpiti all'inizio del libro ha avuto l'effetto di frustrarmi non poco. Mi sentivo bloccata, imprigionata in uno stagno di chiacchiere eterne sugli scacchi e sull'importanza della ponderazione sulle proprie mosse (argomento universale, sì, ma dopo un po' decisamente logorante). Andando avanti, ho scoperto che questo treno apparentemente parcheggiato su binari spezzati iniziava a muoversi. Dapprima c'è stato uno scossone e, prima che mi accorgessi del fischio che annunciava la partenza, il treno era già partito di gran carriera, senza darmi la possibilità di scendere. La trama si apre lucidamente, ti inchioda al libro fino all'ultima pagina. A lettura finita, con un certo sconforto, ho guardato indietro al momento in cui il treno era fermo: e solo allora ho capito di essermi macchiata di disattenzione, uno dei difetti peggiori per un lettore che voglia rendere giustizia a ogni libro iniziato, che sia destinato a diventare il suo preferito o uno dei peggiori mai toccati. La dote dello scacchista maestro, l'Attenzione con la a maiuscola, è la dote che chiunque deve fare propria ogni qualvolta voglia intraprendere un'attività in modo non del tutto vano: se no tanto vale rimanere inebetiti in un angolo a sbuffare. Bisogna dare al libro un'opportunità: male che vada, alla fine avrete gli strumenti per stroncare quello che magari altrove viene definito un successo. La presenza pressante del gioco degli scacchi, così noiosa e pedante in diversi momenti, ha un suo perché: ci fa precipitare in quel ritaglio di tessuto spazio-temporale in cui il giocatore vincente galleggia prima di effettuare una mossa, quello che per lui diventa tutto il suo mondo. E proprio mentre ci ritroviamo a pensare agli scacchisti come a nerd particolarmente noiosi, Maurensig ci spinge sul treno in corsa, fino a farci pentire dei nostri malumori. Vediamo cosa succede se tu diventi lo scacchista, per necessità. Vediamo che succede se alla nudità del legno o dell'acciaio di alfieri e regine aggiungi il calore di un'aorta o lo sguardo spaurito di un condannato a morte. Succede che capisci tutta la metafora che per la prima metà del libro ti ha esasperato, capisci la posta in gioco di quel gioco che - forse - tanto gioco non è. Detto questo, devo ammettere che sebbene la struttura del romanzo sia notevole, lasciando che l'opera si presenti come un giallo inizialmente ma poi evolva come il motivo di un caleidoscopio, la prosa di Maurensig non fa per me. E' vero ciò che dice la quarta di copertina (strano): è uno stile asciutto, lucido e teso. E' diretto e preciso come il passo a L del cavallo, pondera bene le parole e rievoca sensazioni e istinti dando loro un nome preciso quasi come uno scienziato. Ma non mi ha rapita. Soggettivamente posso dire di esser stata colpita dalla trama e dalla struttura sapiente dell'opera, ma di non esser stata ammaliata dalla sua forma.

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