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Ian McEwan

Espiazione

Voto medio della comunità Lìberos
Recensioni (1)
Inserito il 24-05-2013 da Anna
Aggiornato il 24-05-2013 da Anna
Disponibile in 12 librerie
Inserito il 24-05-2013 da Anna
Aggiornato il 24-05-2013 da Anna
Disponibile in 12 librerie

National Bestseller 

Ian McEwan’s symphonic novel of love and war, childhood and class, guilt and forgiveness provides all the satisfaction of a brilliant narrative and the provocation we have come to expect from this master of English prose.

On a hot summer day in 1935, thirteen-year-old Briony Tallis witnesses a moment’s flirtation between her older sister, Cecilia, and Robbie Turner, the son of a servant and Cecilia’s childhood friend. But Briony’ s incomplete grasp of adult motives–together with her precocious literary gifts–brings about a crime that will change all their lives. As it follows that crime’s repercussions through the chaos and carnage of World War II and into the close of the twentieth century, Atonement engages the reader on every conceivable level, with an ease and authority that mark it as a genuine masterpiece.

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Recensioni

Noce Moscata

 

Di apparenti arrabbiature e di strade espiatorie lastricate di castelli in aria

Reazione a caldo:

Briony, ti auguro partite di vasetti di Durian aperti, per sette generazioni.

Reazione a bagnomaria:

Cara Briony, che diavolo hai fatto? Ti meriteresti acqua di colonia al Durian ogni volta che hai una cena fuori.

Reazione a freddo:

Se dovessi dire in una frase sola, cosa mi ha dato questo libro, direi che mi ha caricato di grosse aspettative, e quando alla fine le ho viste distrutte da un epilogo a sorpresa, ho capito che era proprio quello che mi aspettavo. Un libro equo nonostante l’ingiustizia.

Parrebbe una frase sibillina e controsenso, ma in realtà è una verità molto semplice, anche empirica se vogliamo.

Come suggerisce la logica sottostante il titolo, Espiazione, tutto parte da uno sbaglio, un grosso e imperdonabile sbaglio. Briony, ragazzina tredicenne con una fantasia da far impallidire Tolkien e una convinta aspirazione a diventare scrittrice, si autoproclama burattinaia dei destini di un paio di persone; fatalità, proprio due giovani di belle speranze che senza di lei avrebbero potuto vivere felici, contenti e innamorati.

Da qui la necessità di espiare, e sempre da qui il famoso carico di aspettative che nutrivo dopo aver assistito impotente, alla bugia iniziale da cui tutto ha inizio. Le mie illusorie speranze sullo svolgersi del filo narrativo successivo, erano molto semplici: McEwan col mantello svolazzante del paladino della giustizia avrebbe dovuto fieramente fissare l’orizzonte e decretare con un solenne autodafé la condanna di Briony per le sue colpe, cioè una ruspante e salutare vita di merda, più il bonus track di un pomposo matrimonio tra i due amanti bistrattati. Semplice ed efficace. Ma l’autore si chiama McEwan appunto, non Liala, di conseguenza la vicenda si svolge in ben altro modo. (ahimé pensavo all’inizio).

Non posso dire io abbia cambiato idea alla fine del libro, perché in effetti l’ho capito molto dopo la parola Fine che la conclusione architettata da un McEwan in splendida forma (nettamente superiore al cinico e sarcastico Solar, unico altro libro che ho letto dei suoi), è un’opera di giustizia e coerenza dell’ingranaggio, non di giustizia della storia in sé.

Che Briony si sia macchiata, inconsapevolmente all’inizio e dopo sempre meno, di una colpa terribile, questo è un fatto. McEwan su quell’errore ci ricama sopra senza stancarsi, né stancarci per metà libro. Ma l’espiazione vera, quella che mi aspettavo con tanto di ghigno ad hoc sulla faccia, matura in quello che rimane dopo la lettura. E questa volta senza ghigno cattivo. Nello scoprire che è un libro ad altezza 1,63, cioè la mia ( che per carità non mi permetterei di parlare anche per voi). 
In fin dei conti il percorso dell’espiazione è molto lineare ed è intrecciato a doppio filo con quello delle conseguenze. A proposito di queste ultime, Calvino diceva: “Devo però tener conto che ogni mia mossa per cancellare avvenimenti precedenti provoca una pioggia di nuovi avvenimenti che complicano la situazione peggio di prima e che dovrò cercare di cancellare a loro volta. Devo quindi calcolare bene ogni mossa in modo da ottenere il massimo di cancellazione col minimo di ricomplicazione.” Un modo elegante per dire che una volta fatto l’errore, è difficilissimo ritornare indietro. Ma questo non lo diceva solo Calvino. Anche il diritto è informato al principio per cui, per esigenze di giustizia, se non puoi ricreare lo status quo precedente al danno (proprio per quelle dannatissime conseguenze così difficili da cancellare), ti tocca risarcirlo. Ora, siccome qui non si parla di bicchieri andati in frantumi, di cocci che se li porta a casa chi li ha rotti eccetera, ma di colpe gravi che pesano sulla coscienza dal giorno in cui le compi fino a quando non esci da casa in posizione orizzontale, le alternative sono due. O ti applichi all’esecuzione di fioretti a vita in favore della persona danneggiata, che comunque è già sulla via del perdono se ti permette di rivolgergli il tuo desiderio di affrancamento dal torto, oppure ove la persona offesa sia irraggiungibile, perché morta, perché non ti vuole vedere manco dipinto, perché t’ha giurato odio eterno, perché sulla sua tomba farà scrivere “È solo colpa tua”, allora ti dedichi all’unica alternativa possibile. Immaginare. Diventare il Javier Marìas della situazione e navigare nell’oblio delle ipotesi possibili. Quelle che ti permettono di creare dal nulla un futuro parallelo in cui non solo non hai fatto ciò che hai fatto, ma anzi, sei lontanissimo anche dalla possibilità di farlo. Oppure fai di più, lasci anche nella fantasia la colpa intatta, dura e palpabile come è veramente, e ti fai deus ex machina inventando di sana pianta un piano salvifico e miracoloso. McEwan ha fatto qualcosa del genere ma con più perizia.

Briony riesce a salvare Cecilia e Robbie dalle grinfie di una fine ingiusta, grazie alle uniche due cose che sono state anche il principio di tutto: una fervida immaginazione e il talento nello scrivere. Una giocatrice leale questa volta. Che usa le armi, da sempre in suo possesso, in una battaglia a volto scoperto. All’inizio mi era sembrato solo un tentativo di espiazione, ma chi sono io per dire che lo sforzo di Briony nel combattere il proprio errore non sia una vera espiazione, dato che dura una vita intera?

E chi siete voi per dire che ho torto se non avete letto il libro? Nessuno. Perciò purgate pure voi, procurandovelo e leggendolo. Poi ne riparliamo.

P. S. Non si senta giustificato chi ha visto il film e basta. Nonostante i potenti mezzi cinematografici che avrebbero potuto farne un ottimo film, non raggiunge le vette di lirismo del libro(interpretazione della Redgrave a parte). Una gran perdita.

 

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Editore: Einaudi

Lingua: (DATO NON PRESENTE)

Numero di pagine: 381

Formato: (DATO NON PRESENTE)

ISBN-10: 8806164767

ISBN-13: 9788806164768

Data di pubblicazione: 2003

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Ian McEwan’s symphonic novel of love and war, childhood and class, guilt and forgiveness provides all the satisfaction of a brilliant narrative and the provocation we have come to expect from this master of English prose.

On a hot summer day in 1935, thirteen-year-old Briony Tallis witnesses a moment’s flirtation between her older sister, Cecilia, and Robbie Turner, the son of a servant and Cecilia’s childhood friend. But Briony’ s incomplete grasp of adult motives–together with her precocious literary gifts–brings about a crime that will change all their lives. As it follows that crime’s repercussions through the chaos and carnage of World War II and into the close of the twentieth century, Atonement engages the reader on every conceivable level, with an ease and authority that mark it as a genuine masterpiece.

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Cara Briony, che diavolo hai fatto? Ti meriteresti acqua di colonia al Durian ogni volta che hai una cena fuori.

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Se dovessi dire in una frase sola, cosa mi ha dato questo libro, direi che mi ha caricato di grosse aspettative, e quando alla fine le ho viste distrutte da un epilogo a sorpresa, ho capito che era proprio quello che mi aspettavo. Un libro equo nonostante l’ingiustizia.

Parrebbe una frase sibillina e controsenso, ma in realtà è una verità molto semplice, anche empirica se vogliamo.

Come suggerisce la logica sottostante il titolo, Espiazione, tutto parte da uno sbaglio, un grosso e imperdonabile sbaglio. Briony, ragazzina tredicenne con una fantasia da far impallidire Tolkien e una convinta aspirazione a diventare scrittrice, si autoproclama burattinaia dei destini di un paio di persone; fatalità, proprio due giovani di belle speranze che senza di lei avrebbero potuto vivere felici, contenti e innamorati.

Da qui la necessità di espiare, e sempre da qui il famoso carico di aspettative che nutrivo dopo aver assistito impotente, alla bugia iniziale da cui tutto ha inizio. Le mie illusorie speranze sullo svolgersi del filo narrativo successivo, erano molto semplici: McEwan col mantello svolazzante del paladino della giustizia avrebbe dovuto fieramente fissare l’orizzonte e decretare con un solenne autodafé la condanna di Briony per le sue colpe, cioè una ruspante e salutare vita di merda, più il bonus track di un pomposo matrimonio tra i due amanti bistrattati. Semplice ed efficace. Ma l’autore si chiama McEwan appunto, non Liala, di conseguenza la vicenda si svolge in ben altro modo. (ahimé pensavo all’inizio).

Non posso dire io abbia cambiato idea alla fine del libro, perché in effetti l’ho capito molto dopo la parola Fine che la conclusione architettata da un McEwan in splendida forma (nettamente superiore al cinico e sarcastico Solar, unico altro libro che ho letto dei suoi), è un’opera di giustizia e coerenza dell’ingranaggio, non di giustizia della storia in sé.

Che Briony si sia macchiata, inconsapevolmente all’inizio e dopo sempre meno, di una colpa terribile, questo è un fatto. McEwan su quell’errore ci ricama sopra senza stancarsi, né stancarci per metà libro. Ma l’espiazione vera, quella che mi aspettavo con tanto di ghigno ad hoc sulla faccia, matura in quello che rimane dopo la lettura. E questa volta senza ghigno cattivo. Nello scoprire che è un libro ad altezza 1,63, cioè la mia ( che per carità non mi permetterei di parlare anche per voi). 
In fin dei conti il percorso dell’espiazione è molto lineare ed è intrecciato a doppio filo con quello delle conseguenze. A proposito di queste ultime, Calvino diceva: “Devo però tener conto che ogni mia mossa per cancellare avvenimenti precedenti provoca una pioggia di nuovi avvenimenti che complicano la situazione peggio di prima e che dovrò cercare di cancellare a loro volta. Devo quindi calcolare bene ogni mossa in modo da ottenere il massimo di cancellazione col minimo di ricomplicazione.” Un modo elegante per dire che una volta fatto l’errore, è difficilissimo ritornare indietro. Ma questo non lo diceva solo Calvino. Anche il diritto è informato al principio per cui, per esigenze di giustizia, se non puoi ricreare lo status quo precedente al danno (proprio per quelle dannatissime conseguenze così difficili da cancellare), ti tocca risarcirlo. Ora, siccome qui non si parla di bicchieri andati in frantumi, di cocci che se li porta a casa chi li ha rotti eccetera, ma di colpe gravi che pesano sulla coscienza dal giorno in cui le compi fino a quando non esci da casa in posizione orizzontale, le alternative sono due. O ti applichi all’esecuzione di fioretti a vita in favore della persona danneggiata, che comunque è già sulla via del perdono se ti permette di rivolgergli il tuo desiderio di affrancamento dal torto, oppure ove la persona offesa sia irraggiungibile, perché morta, perché non ti vuole vedere manco dipinto, perché t’ha giurato odio eterno, perché sulla sua tomba farà scrivere “È solo colpa tua”, allora ti dedichi all’unica alternativa possibile. Immaginare. Diventare il Javier Marìas della situazione e navigare nell’oblio delle ipotesi possibili. Quelle che ti permettono di creare dal nulla un futuro parallelo in cui non solo non hai fatto ciò che hai fatto, ma anzi, sei lontanissimo anche dalla possibilità di farlo. Oppure fai di più, lasci anche nella fantasia la colpa intatta, dura e palpabile come è veramente, e ti fai deus ex machina inventando di sana pianta un piano salvifico e miracoloso. McEwan ha fatto qualcosa del genere ma con più perizia.

Briony riesce a salvare Cecilia e Robbie dalle grinfie di una fine ingiusta, grazie alle uniche due cose che sono state anche il principio di tutto: una fervida immaginazione e il talento nello scrivere. Una giocatrice leale questa volta. Che usa le armi, da sempre in suo possesso, in una battaglia a volto scoperto. All’inizio mi era sembrato solo un tentativo di espiazione, ma chi sono io per dire che lo sforzo di Briony nel combattere il proprio errore non sia una vera espiazione, dato che dura una vita intera?

E chi siete voi per dire che ho torto se non avete letto il libro? Nessuno. Perciò purgate pure voi, procurandovelo e leggendolo. Poi ne riparliamo.

P. S. Non si senta giustificato chi ha visto il film e basta. Nonostante i potenti mezzi cinematografici che avrebbero potuto farne un ottimo film, non raggiunge le vette di lirismo del libro(interpretazione della Redgrave a parte). Una gran perdita.

 

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